Maioliche a San Quirico d’Orcia: un museo della ceramica senese a Palazzo Chigi

Torna a rivivere la tradizione della ceramica sanquirichese. Sarà inaugurata sabato 14 dicembre (ore 10.30), a Palazzo Chigi, l’esposizione permanente di maioliche donate al Comune di San Quirico d’Orcia da privati Giorgio Botarelli, Alberto Fiore e Paolo Naldi

Di Redazione | 9 Dicembre 2024 alle 8:30

Maioliche a San Quirico d’Orcia: un museo della ceramica senese a Palazzo Chigi

Torna a rivivere la tradizione della ceramica, la manifattura settecentesca che ha reso grande San Quirico nel passato.

Sarà inaugurata sabato 14 dicembre (ore 10.30), a Palazzo Chigi, l’esposizione permanente di maioliche donate al Comune di San Quirico d’Orcia da privati Giorgio Botarelli, Alberto Fiore e Paolo Naldi.

Un totale di 54 pezzi suddivisi in dieci teche al piano nobile del Palazzo costituirà il nucleo di maioliche antiche da destinare a museo più largamente dedicato alla produzione ceramica di area senese. Alla cerimonia di inaugurazione dell’esposizione permanente e del libro Maioliche a San Quirico d’Orcia, interverranno il sindaco Marco Bartoli, Ugo Sani, Gianni Mazzoni e Carlo Pizzichini. Saranno presenti i donatori delle ceramiche.

“Le ceramiche sanquirichesi e più in generale quelle senesi – spiega il Sindaco di San Quirico d’Orcia Marco Bartoli – sono un ponte tra culture, un dialogo tra epoche diverse che si incontrano e si intrecciano. Raccontano storie di artigiani del passato, di mani che hanno lavorato con amore e maestria, tramandando segreti e tecniche da una generazione all’altra. Sono testimonianze di un patrimonio culturale che continua a vivere e a evolversi, arricchendo la nostra contemporaneità con la sua autenticità e profondità. Un ringraziamento a tutti i privati e a coloro che hanno contributo a questo bellissimo progetto”.

L’insieme delle maioliche si caratterizza per omogeneità cronologica e coerenza stilistica tra i pezzi che lo compongono, per la quasi totalità inquadrabili nella prima metà del XVIII secolo, e assegnabili a centri di fabbrica del territorio senese, in particolare alla vaseria di Fonte alla Vena di San Quirico d’Orcia, proprietà dei Chigi Zondadari e attiva da fine Seicento per quasi tutto il secolo successivo, o ad officine della città di Siena, sede di botteghe ceramiche fin dal XIII secolo, ridotte a tre, quattro intorno a metà Settecento. Quattro esemplari del nucleo, datati, rappresentano una significativa documentazione cronologica utile ad una precisa collocazione temporale degli altri oggetti della collezione: un piattino, dipinto in prevalente verde ramina, con raffigurato un uccellino tra la vegetazione, datato 1714; un grande piatto, in monocromia blu, con la raffigurazione di una lepre che corre, datato 1727; un piatto in policromia, con mazzetto di fiori al centro e la data 1730; un vasetto biansato, a decorazione floreale policroma, datato 1747.

Diversi sono i tipi morfologici e d’uso rappresentati e fanno riferimento ad una oggettistica di largo impiego in vari contesti sociali. Anzitutto ci sono manufatti destinati alla mensa dei ceti più agiati: crespine, cioè coppe baccellate, generalmente utilizzate per contenere frutta e servire allo stesso tempo da elementi decorativi, che con diciannove pezzi costituiscono la forma più rappresentata nella raccolta. La maggior parte di questi oggetti sono caratterizzati da decorazioni policrome, il cui impianto figurativo comprende scenette agresti, secondo il gusto dell’epoca, con uccellini, lepri o cani in corsa, ma anche putti, caseggiati rurali, mazzetti di fiori, o la tipica Rosa dei Venti, generalmente circoscritti entro un tondo o disposti in campo aperto al centro del manufatto.

Anche le tre acquasantiere, una completa e due frammentate, potevano essere utilizzate da religiosi, ma era prassi comune collocarle anche in ambienti domestici. In monocromo azzurro sono decorati inoltre due orcioli, destinati alla conservazione di medicamenti ed evidentemente realizzati per una spezieria o una infermeria, come indica il contenuto di uno di essi, lo Sciroppo di Sugo di Acetosa. Per essi è plausibile la provenienza dalla manifattura di Fonte alla Vena, durante la gestione del vasaio di origine genovese Stefano Grogio, che nel 1712 aveva preso in affitto la fornace per due anni. A chiudere cinque oggetti presumibilmente legati all’attività del noto pittore romano Bartolomeo Terchi, che per quasi otto anni, dal gennaio 1717 fino agli ultimi mesi del 1724, condusse la vaseria di Fonte alla Vena, affidatagli dai Chigi Zondadari, per spostarsi poi a Siena e quindi a Bassano di Sutri nella prima metà degli anni Trenta. Si tratta anzitutto di un piattino istoriato; ci sono poi due piastre ovali con raffigurati personaggi tratti da incisioni di Giovanni Battista Galestruzzi (1615-1669), destinate ad essere incorniciate in biscotto dorato o patinato per servire da elementi d’arredo; infine, tre piastrelle con i tipici paesaggi con viandanti, caratteristici di certa produzione terchiana, sfornata principalmente a Bassano di Sutri, e destinate alla decorazione d’interni.

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