Al Politeama "Lo strappo", installazione fotografica per raccontare la violenza

Dal 17 al 20 febbraio il teatro ospita il progetto. Berti: “Un'idea forte e un'esperienza coinvolgente"

Di Redazione | 5 Febbraio 2022 alle 8:30

Al Politeama "Lo strappo", installazione fotografica per raccontare la violenza

Un percorso visivo, tattile, uditivo, un viaggio emotivo, una esperienza ‘dentro’ la violenza. Questo è il progetto di installazione fotografica “Lo strappo” (The Strain) che nasce dalla mente di Costanza Mascilli Migliorini (presidente di Aps Echoes) e dalle mani della fotografa Erika Rubino.

Il progetto racconta le fasi ed i processi interiori ed esteriori dell’impatto che la violenza ha su una persona.

In questo caso si tratta di una bambina di nove anni che si trova, a causa di una situazione familiare degradata e non tutelante, in un contesto di violenza che la porta in una cantina, con un uomo. A questo punto comincia il vero e proprio ritratto fotografico di ciò che avviene.

“Un percorso individuale e emotivo che scava nel profondo dell’anima di ognuno di noi – dicono gli organizzatori – L’intento è quello di portare il progetto in più luoghi possibili sensibilizzando più persone possibili, di tutte le età e di tutti i generi”.

“Un’idea forte e un’esperienza cruda e coinvolgente – dice Nicola Berti, vicesindaco e assessore alla Cultura del Comune di Poggibonsi che ha patrocinato l’evento – Grazie agli organizzatori e agli artisti per averla messa a disposizione della nostra comunità da sempre attenta e sensibile a questa tematiche”.

Dopo l’esordio avvenuto a novembre presso la biblioteca di Villa Bandini a Firenze, “Lo Strappo” sarà dal 17 al 20 febbraio presso la sala Set del Politeama di Poggibonsi.

Il progetto “Lo Strappo. Quello era il mio corpo bastardi”. L’installazione è strutturata come un percorso ad anello che vede le foto esposte singolarmente in spazi attigui l’uno all’altro, ma separati. L’obiettivo è creare dei micro ambienti in cui ogni foto esiste e sussiste per se stessa, riprendendo il tema della frammentarietà del corpo che appartiene all’opera generale. Le foto sono una rappresentazione metaforica dell’evento che racconta la vera e propria testimonianza storica di un fatto realmente accaduto, rendendo la mostra terribilmente reale e autentica. L’obiettivo è quello di sensibilizzare ed avvicinare lo spettatore al vissuto emotivo, senza focalizzarsi sull’aspetto di denuncia o retorica. Piuttosto si cercano una connessione empatica che permetta un legame su un piano profondo e l’immersione dello spettatore nella scena stessa, come vittima o come carnefice. Le immagini crude, sgraziate, quasi documentaristiche, hanno come fine ultimo il racconto senza fronzoli di una violenza. Alle foto saranno affiancate alcune frasi evocative estratte dalla poesia Lo Strappo, che aiuteranno nell’elaborazione del processo. La particolarità del progetto sta nel ‘costringere’ le persone a calarsi “nei panni di…” catapultate in un loop di emozioni da cui sarà complicato uscire.
“Lo Strappo” è, senza troppi giri di parole, un progetto violento, storto, diretto.

Il progetto è prodotto da APS Echoes. Musica immersiva di Mac Tire, installazioni di Carolina Marconi.



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