Assolti per il caso Banca Etruria: "Il fatto non costituisce reato"

Di Redazione | 30 Novembre 2016 alle 20:08

Assolti per il caso Banca Etruria: "Il fatto non costituisce reato"

Tre imputati Banca Etruria assolti, erano imputati per aver occultato crediti deteriorati

Assolti tutti gli imputati del processo Banca Etruria. Il gup del tribunale di Arezzo ha azzerato in primo grado il castello di accuse della procura aretina sul filone dell’ostacolo alla vigilanza. I tre imputati Giuseppe Fornasari (ex presidente del cda dal 2011 al 2014), Luca Bronchi (ex dg) e Canestri (attuale direttore centrale) erano accusati di aver finanziato con 10,2 milioni gli acquirenti della società Palazzo della Fonte, che inglobava il patrimonio immobiliare dell’Etruria: ‘Il fatto non sussiste’, ha stabilito il giudice.

L’altra accusa riguardava il presunto occultamento dei crediti deteriorati nel bilancio 2012, fatti apparire come crediti incagliati e dunque ancora recuperabili. ‘Il fatto non costituisce reato’, si legge nel dispositivo della sentenza.

È un colpo durissimo per gli inquirenti – che hanno annunciato che faranno appello – e anche inaspettato. Potrebbe in teoria compromettere o modificare l’esito degli altri procedimenti aperti su Banca Etruria.

Il procuratore capo Roberto Rossi e la pm Julia Maggiore avevano chiesto 2 anni e 8 mesi di carcere per Fornasari e Bronchi e 2 anni per Canestri, ritenendoli responsabili di aver mascherato le reali condizioni economiche in cui si trovava la Popolare aretina tra il 2011 e il 2013. E di aver ostacolato, di conseguenza, il lavoro di vigilanza della Banca d’Italia (che ha chiesto un risarcimento danni di 320 mila euro) e della Consob. Ma il giudice li ha assolti.

Secondo l’accusa, gli imputati avrebbero occultato nel bilancio 2012 crediti ormai deteriorati, facendoli passare come incagli, quindi come se fossero ancora recuperabili, causando l’errore di Bankitalia che pretese un aumento di capitale inferiore rispetto a quello necessario. Nel mirino era finita anche la vendita a un consorzio di imprese della società “Palazzo della Fonte”, che racchiudeva la gran parte del patrimonio immobiliare dell’istituto.

Il tribunale ha dato ragione alla difesa che ha sostenuto che gli imputati avevano comunicato a Bankitalia tutti gli elementi fondamentali, e che l’operazione aveva avuto il via libera dalla Consob.

Sui crediti deteriorati – aggiungono – sono stati rispettati i criteri internazionali di contabilità e accantonamento”. La procura di Arezzo ha aperto diversi filoni di indagine, oltre a quello sul presunto ostacolo alla vigilanza: truffa, fatture false, bancarotta, conflitti di interesse.



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