La solidarietà non conosce barriere e varca anche le sbarre di una cella per arrivare al cuore del destinatario. Così la lettera di Alessandro, un detenuto nel carcere di Santo Spirito a Siena, ai lavoratori della Beko. A fare da tramite Don Carmelo Lo Cicero, a fare da ponte tra la lotta per la libertà e la lotta per il lavoro.
“Ciao Citti, il mio nome è Alessandro, sono uno degli ultimi – si legge in un estratto della lettera -. Per essere più preciso io sono un detenuto della Casa Circondariale di Siena di questa città. Dietro ai vostri striscioni ho riconosciuto volti familiari, volti dei vostri colleghi con i quali ogni mattina condividevo la colazione nello stesso bar. E ci si ci si scambiava il sorriso seguito da un buongiorno, perché sapevamo entrambi che il giorno non poteva essere altro che buono. Forti del fatto che ognuno di noi aveva un lavoro sicuro. Nelle vostre manifestazioni ho potuto riconoscere i volti di persone del paese nel quale mi ero trasferito. Quindi conoscevo anche i membri dei loro nuclei familiari e perciò il mio dispiacere è ancora di più amplificato. Sto male – scrive Alessandro -. Citti io vi abbraccio fortissimo, spero che tutto finisca al più presto per me e per voi, in maniera da ripartire alla grande. Mi auguro di ritrovarvi una di queste mattine nel solito bar per scambiarci quel sano buongiorno e parlare del più e del meno. Meno problemi, meno sofferenza e più libertà di vivere. Lavoratori della Beko dovete rimanere ancora uniti in una sola eco: Forza, forza, forza! Siena, 24 gennaio 2025 Alessandro. Scrivetemi e datemi notizie, tanto sapete dove trovarmi”.