“Il dibattito sul tema Biotecnopolo a Siena, non deve basarsi sulla fretta e la paura di perdere un finanziamento da 400 milioni di euro, ma su come investirli questi soldi, altrimenti lo spreco sarà doppio perché i soldi, se arriveranno, verranno buttati via”.
Si esprime così Massimiliano Boggetti Diesse diagnostics intervistato sul significato della creazione di un biotecnopolo e hub anti pandemico a Siena.
“Per un’azienda come Diesse, che ha appena investito 25 ml in un nuovo immobile, la creazione di un biotecnopolo è di per se un valore aggiunto – ha spiegato il manager – se aumenta il valore del luogo in cui si trova la mia attività, aumenta il valore della mia azienda. Perché, purtroppo ad oggi, un’ azienda a Siena vale meno di una che è a Milano, in Germania o negli Stati Uniti”.
Quindi lei lo vorrebbe o no questo Biotecnopolo?
“Il mio auspicio è che si faccia e che funzioni. Ma per funzionare il tema non deve essere la paura facciamo presto perché altrimenti perdiamo il finanziamento, ma capire come usarlo questo finanziamento per generare valore.
Ci vuole un piano scientifico per aiutare i pazienti, una struttura organizzativa capace di realizzarlo che deve, per natura, collaborare con i soggetti che operano sul territorio.
“Su questo punto voglio essere chiaro: il biotecnopolo è stato voluto a Siena perchè è stato riconosciuto che qui, in questo territorio, ci sono le competenze. E ,se il territorio ha competenze, allora è il territorio che insieme a tutti i soggetti che ne fanno parte, deve contribuire a creare di quella strategia che serve per portare innovazione alla missione che il biotecnopolo ha”.
Fabio Seggiani segretario della Cgil di Siena, da tempo si sgola per chiedere che venga costituito un vero distretto industriale delle scienze della vita. Lei cosa ne pensa?
“Il segretario della Cgil ha ragione. Il modello di funzionamento è quello dei distretti in tutto il mondo. Una componente basilare è il rapporto e il supporto con le municipalità così come è successo per Diesse a Monteriggioni. Ma quella del distretto industriale, è una scelta politica della Regione. Si prenda l’occasione, visto anche quello che sta succedendo a Tls, per capire come riorganizzarci, ricordando che quando ricerca e innovazione vengono fatte su un territorio, chi ne beneficia per prima è la cittadinanza che ci vive in quel territorio”.
A proposito di Tls e dei suoi bilanci in crisi, lei cosa ne pensa?
“Credo che Tls debba tornare a fare il suo mestiere cioè quello di aiutare le imprese del territorio a svilupparsi perché questa è la missione della fondazione. Creando ecosistema, opportunità di sviluppo, mettendo insieme le aziende perché spossano collaborare tra di loro e avere così l’opportunità di sviluppare un settore che per la regione toscana è strategico”
Perchè Diesse ha lasciato Tls?
“Con il covid si è focalizzata su progetti che poco avevano a che fare con la sua missione. Ecco perché Diesse ha lasciato Tls. Perchè non c’era più valore. Un’azienda del settore delle scienze della vita, si aspetta di avere un acceleratore di interazioni, di relazioni e di supporti per lo sviluppo. Solo in questo modo le tante competenze vengono messe a sistema e si creano le opportune collaborazioni. Se adesso la fondazione ha problemi economici, questo è il frutto di scelte lontane e diverse dalla missione. Abbiamo deciso di lasciare Toscana Life Sciences perché pagavamo una quota senza un ritorno. Noi siamo un industria di capitali che deve avere un ritorno dagli investimenti che fa altrimenti si chiama spreco di denaro. Lasciare non è stata una scelta politica”.
Rino Rappuoli, figura decisiva o ingombrante per il biotecnopolo?
“Una figura con valore scientifico alto, le sue competenze vanno usate, ma non è solo Rappuoli che può portare avanti un progetto di queste dimensioni, ci vogliono anche altre competenze. Penso che sia una grande risorsa ma non l’unica per poter portare avanti un progetto di questo tipo”.