“Tutta la mia vita, intorno a questo luogo è sempre stata intensa, è un posto del mio cuore e come diceva Mauro Barni: Marcello e l’Osservanza sono un’identità unica”.
Un legame unico e inscindibile quello tra la Basilica dell’Osservanza di Siena e Marcello Merolli, 88enne senese che oggi come ieri continua ad essere un parrocchiano della Basilica che svetta su Scacciapensieri. Il suo ricordo è vivo e lucido come non mai e torna in calce proprio in questo 23 gennaio, giorno in cui ricorre l’80esimo anniversario dal bombardamento che distrusse gran parte dell’Osservanza. Il 23 gennaio 1944 infatti fu la prima volta in cui Siena venne bombardata, era una domenica e l’allarme scattò verso mezzogiorno. Gli aerei delle truppe Alleate colpirono, nella loro incursione, la zona che dalla stazione, il reale obiettivo dell’attacco, attraverso l’Osservanza, si protende fino a Certosa e Sant’Eugenia. Persero la vita 25 persone, Marcello era un bambino ed era lì ma, per un fortuito caso, riuscì a salvarsi.
“In quella giornata io ero chierichetto, servivo la messa, ho servito l’ultima messa che è stata celebrata in questa basilica prima del bombardamento – racconta quel giorno Marcello Merolli -. E allora quel giorno a mezzogiorno eravamo ancora nel piazzale davanti alla chiesa e stavamo giocavamo, il padre parroco ci mandò a casa perché era tardi e perché la messa non si sarebbe celebrata, perchè il sacerdote che avrebbe dovuto celebrarla fu fermato da un bombardamento che aveva interrotto la linea ferroviaria. Io, la mia mamma e la mia famiglia scappammo nei campi e ci nascondemmo in una fossa, sperando che le bombe non ci prendessero, con il bombardamento che andò avanti per un quarto d’ora. Quando tornammo a casa ci affacciammo alla finestra da dove si scorgeva la Basilica che non c’era più, c’era solo il campanile”.
Un rapporto che nasce, cresce e si mantiene nel corso del tempo quello tra Marcello e la Basilica dell’Osservanza, che ha superato bombe, distruzioni e soprattutto la ricostruzione già messa in opera dai senesi e da Marcello stesso appena qualche giorno dopo quel 23 gennaio.
“Si tornò qui all’Osservanza e si iniziò a dare una mano – continua a sfogliare i ricordi Marcello Merolli -, per esempio iniziammo a raccogliere i pezzi del bassorilievo di Andrea della Robbia. Venne ricomposto fortunatamente grazie anche a noi ragazzi, soprattutto gli adulti, però penso anche al nostro contributo. Noi ragazzi andavamo nel campo dove era crollata una parte della scultura a raccogliere i pezzetti. È come una seconda casa qua, perché io qui ci ho fatto la prima comunione l’anno prima che la bombardassero, poi la cresima, poi mi ci sono sposato, funerale del mio fratelli, della mia mamma e mio babbo, tutto qua”.