Il Chianti, Castellina, Montecucco, Poggibonsi, Radda e Castelnuovo Berardenga. Sono queste le sei aree geografiche definite di “sofferenza” in tema di lavoro irregolare e caporalato in provincia di Siena.
L’ultimo rapporto Agromafie e caporalato, curato dall’Osservatorio Placido Rizzotto e Flai Cgil, ha individuato in Toscana 27 aree critiche che toccano le province di Arezzo, Firenze, Livorno, Grosseto e anche quella di Siena. Secondo l’analisi, discussa alla Tenuta di Suvignano, tra le varie province coinvolte sarebbe visibile una sorta di rete del caporalato che mette in connessione le diverse realtà. A subire gli sfruttamenti più pesanti sono le donne, a livello nazionale le lavoratrici irregolari nel mondo dell’agricoltura sono circa 55mila su un totale di 230mila persone.
“E’ un fenomeno che si accanisce sulle donne: vengono sfruttate, umiliate e, a volte, costrette ad avere rapporti sessuali per non perdere il lavoro – ha dichiarato durante l’evento a Suvignano la deputata del Pd Laura Boldrini -. Ci sono testimonianze di braccianti che lavorano in questa regione, senza garanzie. E’ un fenomeno che difficilmente riusciamo a far emergere ma non lo possiamo più tollerare”.
A livello nazionale le aree di sofferenza individuate nella “Geografia del caporalato” sono ben 405, di cui 211 nel centro-nord Italia e 82 nel centro. Anche il modo di agire dei caporali sta cambiando, alle finte cooperative negli ultimi anni si sono aggiunte partite iva e anche finte agenzie interinali che si nascondo dietro una parvenza di legalità.
“In Toscana è un fenomeno diffuso, riguarda lavoratori sia stranieri che italiani – ha spiegato il segretario generale della Cgil Toscana Rossano Rossi -. Il settore più coinvolto nel nostro territorio è quello tessile a Prato, ma è presente ovunque. E’ un’attività che prolifica perché viene supportata da scelte che possono essere messe in discussione: per esempio, il governo ha reinserito i voucher che sono la patente dello sfruttamento”.