Secondo round in Corte di Appello di Milano per il caso “Miriam”, legato alla drammatica vicenda della 41enne oggi residente nella provincia di Siena che ha denunciato anni di violenze e sevizie da parte dei genitori affidatari lombardi, quando già maggiorenne era ospite nella loro casa, anche in un “contesto di messe nere”, secondo le accuse prodotte.
Nelle scorse settimane il gup del Tribunale di Milano, Sofia Fioretta, ha assolto la coppia finita a giudizio con l’accusa di riduzione in schiavitù, reputando non credibili le dichiarazioni della donna e motivando la decisione, tra le altre, con l’assenza di testimoni oculari delle circostanze denunciate, il tutto nonostante un carico probatorio da oltre 30 certificati medici, dichiarazioni e constatazioni delle forze dell’ordine.
Ma la battaglia giudiziaria proseguirà adesso in secondo grado: la Procura, nella persona del pm milanese Stefano Ammendola che ha riaperto l’inchiesta dopo le archiviazioni senesi, ha presentato ricorso in Appello contestando le motivazioni contestuali del gup milanese circa la non attendibilità della parte offesa e delle sue dichiarazioni, e anche la difesa della 41enne (in carico agli avvocati Massimo Rossi e Carlo Taormina) ha appellato il verdetto giunto col rito abbreviato, nella speranza di poter ribaltare l’esito davanti a un tribunale in composizione collegiale.