Tutti e cinque condannati, con pene da 5 anni e 10 mesi fino a 6 anni e mezzo, per torture, falso e minaccia aggravata.
Queste le decisioni del collegio del Tribunale di Siena presieduto da Simone Spina dopo quasi 7 ore di camera di Consiglio, in relazione ai 5 agenti di Polizia penitenziaria coinvolti nella vicenda avvenuta al carcere di Ranza, a San Gimignano, nell’ottobre 2018, quando secondo l’accusa un detenuto tunisino sarebbe stato vittima di un pestaggio nel corso di un concitato trasferimento di cella. Le contestazioni erano di tortura, lesioni, minaccia e falso ideologico, con le richieste del pm che erano state tra i 6 e gli 8 anni, per via di una ritenuta “aggressione ingiustificata” e di un “trattamento al detenuto disumano e degradante”. Una vicenda di rilevanza nazionale, dal momento che il procedimento è stato il primo in Italia dove si è contestato il reato autonomo di tortura ad appartenenti delle forze dell’ordine. Confermata dunque l’accusa di tortura, con le lesioni assorbite all’interno del reato di tortura. Disposta provvisionale del danno da 50mila euro in solido.
Questo l’epilogo di una lunghissima e combattuta vicenda giudiziaria che, emersa a seguito delle segnalazioni delle educatrici del carcere che avevano raccolto le testimonianze degli altri reclusi, ha dato vita a una densa istruttoria dibattimentale in cui è stato centrale l’elemento del video che ha ripreso l’agire degli agenti, che hanno sempre assicurato di aver operato in un contesto carcerario esplosivo, a contatto con un detenuto reputate di difficile gestione, negando come fatto notare i difensori, l’assenza di referti medici che attestavano ferite o conseguenze psicologiche.
Altri 10 operatori di polizia penitenziaria erano stati in precedenti condannati con rito abbreviato sempre dal Tribunale di Siena.
C.C