Caso David Rossi, la Procura di Genova ha chiesto l’archiviazione per i tre pubblici ministeri di Siena, Nicola Marini, Aldo Natalini e Antonino Nastasi finiti sotto indagine per falso per omissione, in relazione alle controverse indagini svolte nelle ore immediatamente successive alla morte dell’ex capo di comunicazione Mps, avvenuta nel marzo 2013.
L’inchiesta era nata anche dopo la trasmissione degli atti da parte della commissione parlamentare. Secondo i pm genovesi però tutto questo non rappresenterebbe un reato. Nella richiesta di archiviazione i pm genovesi dedicano un paragrafo anche alla figura dell’allora comandante dei carabinieri Pasquale Aglieco, indagato per falsa testimonianza per aver sostenuto che il pm Nastasi rispose alla telefonata di Daniela Santanché sul cellulare di Rossi. Aglieco si è trasferito ad Hammamet e “quindi non è stato ad oggi ancora possibile notificargli l’invito a presentarsi per rendere l’interrogatorio”.
Secondo i pm genovesi, le prove rinvenute nell’ufficio di Rossi furono manipolate dai magistrati, e il loro intervento non fu redatto in un verbale, ma il tutto fa fatto senza dolo; anche perchè, per gli inquirenti, il tutto avvenne davanti ad altri pubblici ufficiali e nessuno dei tre occultò indizi o manomise le indagini. Dunque i procuratori aggiunti Vittorio Ranieri Miniati e Francesco Pinto, hanno chiesto l’archiviazione per i loro colleghi. I tre avrebbero fatto “una perquisizione”, manipolarono la scena, ma non ci fu alcun intento di occultare indizi o manomettere le indagini. “Nessuno commette un falso – si legge nella richiesta – per il sol gusto di commettere un reato”. In particolare, i tre allora pm senesi, nel verbale del 7 marzo, “omettevano di attestare che nelle ore precedenti, e in particolare dalle 21.30 sino a circa mezzanotte del giorno precedente, avevano già fatto ingresso nella predetta stanza prima che la stessa venisse fotoripresa dal personale della polizia scientifica”. In quell’occasione avrebbero “manipolato e spostato oggetti senza redigere alcun verbale delle operazioni compiute e senza dare atto del personale di polizia giudiziaria che insieme a loro avevano proceduto a questo sopralluogo”.
“Le attività dei pm di Siena nella stanza sono state compiute alla presenza di più persone e in particolare di ufficiali di polizia giudiziaria. Si tratta di una condotta che mal si concilia con la volontà di occultare le attività compiute e le cose rinvenute… gli indagati hanno poi ricordato di avere nel corso del sopralluogo della Scientifica, mostrato i bigliettini ricomposti in un libro, precisando che li avevano trovati loro” è quanto affermano i pm nella richiesta di archiviazione, che aggiungono come “non è emerso alcun elemento concreto idoneo a mostrare in capo ai magistrati di Siena un possibile movente… e la distruzione prima dell’archiviazione di alcuni fazzoletti con macchie di sangue è già stata vagliata da un altro giudice”.
Ancora i pm di Genova: “Gli elementi raccolti e descritti consentono di ritenere accertato che nel corso del primo accesso nell’ufficio di David Rossi avvenuto la sera del 6 marzo 2013 all’incirca tra le 21.30 e le 24 i tre magistrati spostavano, manipolavano e rinvenivano oggetti prima che lo stato della stanza fosse documentato dalla polizia scientifica, senza redigere alcun verbale delle operazioni compiute e senza dare atto della presenza del personale di polizia giudiziaria che insieme a loro aveva operato. Nel successivo verbale di esecuzione di decreto di perquisizione, ispezione informatica e sequestro probatorio delle 10.30 del 7 marzo 2013, gli stessi pubblici ministeri omettevano poi di dare atto del precedente accesso nel corso del quale avevano, tra l’altro, rinvenuto nel cestino i bigliettini d’addio e fazzolettini macchiati”.
“Tutto quello che è stato rinvenuto nel corso del sopralluogo – sottolineano i magistrati – è stato acquisito agli atti del procedimento e nulla è stato soppresso o occultato”.
La procura di Genova ha trasmesso gli atti a quella di Siena per la parte relativa alla sparizione di alcune immagini da una pen-drive in cui si vedrebbero due dipendenti passare da un’altra uscita di Mps appena dopo la caduta di Rossi dalla finestra del suo ufficio. Le indagini non portarono a sospettare di loro ma i pm genovesi hanno aperto un fascicolo e lo hanno trasmesso ai colleghi senesi per chiarire chi è perché cancellò quei file.