Prosegue la battaglia giudiziaria relativa al caso dei presunti Derivati Mps. La Procura Generale di Milano ha infatti impugnato in Cassazione le sentenze dei giudici della Corte di Appello di Milano che lo scorso maggio avevano ribaltato ribaltato la sentenza di primo grado assolvendo gli ex vertici della banca Mps imputati nel processo su presunte irregolarità in operazioni finanziarie che, dal dicembre 2008 al settembre 2012, sarebbero servite, secondo le tesi accusatorie, a occultare le perdite causate dall’acquisto di Antonveneta, costata circa 10 miliardi di euro nel 2008.
La Corte milanese aveva prosciolto, tra gli altri, l’ex presidente Giuseppe Mussari (condannato in primo grado a 7 anni e 6 mesi in primo grado), così come l’ex dg Antonio Vigni (che aveva subito una pena 7 anni e 3 mesi) e l’ex responsabile area finanza Gianluca Baldassarri (per lui in primo grado 4 anni e 8 mesi). Oltre alle persone fisiche erano state assolte le banche coinvolte, Deutche Bank e Nomura, e revocate le confische da 150 milioni, dal momento che per i giudici milanesi, come spiegato nelle motivazioni diffuse ad ottobre, le iniziative della banca furono giuste e ci fu una corretta contabilizzazione a saldi aperti.
Tesi non accolte dalla Procura Generale che nella persona del pg milanese Gemma Gualdi – la quale aveva chiesto in Appello la conferma delle condanne con lievi sconti rispetti al primo grado – ha firmato il ricorso per chiedere di riformare e ribaltare nuovamente la sentenza di secondo grado.
“Ritengo che il ricorso della Procura Generale di Milano sia inammissibile perché fuori dai limiti delle censure che si possono far valere dinanzi alla Cassazione che è Giudice di legittimità – è il commento dell’avvocato Fabio Pisillo che rappresenta Mussari -Infatti tutto il ricorso lamenta solo e soltanto erronea applicazione dei principi contabili IAS/IFRS nella redazione dei bilanci e quindi cerca di contrastare valutazioni di merito, peraltro più che correttamente fatte dalla Corte d’Appello di Milano, su cui la Cassazione non può esprimere giudizi di merito”.
C.C