“Avevo un foulard che mi ero messo perché c’erano i lacrimogeni, che oltre a far lacrimare davano anche stordimento. A un certo punto ci fu questa carica della Polizia, molto violenta, e io persi il foulard. Lo recuperai ma poi mi sentii male, iniziai a perdere conoscenza e rimasi fermo in un vicolo, che era pericolosissimo perché se la Polizia ti trovava lì ti distruggeva”.
Questo il ricordo impresso nella mente di Riccardo Brandani 20 anni dopo i fatti avvenuti al G8 di Genova del 2001, dove lui, 19enne, era presente, quando il controvertice organizzato nelle parti della città al di fuori del centro storico fortificato appositamente per ospitare il G8, venne sconvolto dalla violenza brutale delle forze di polizia.
L’universo dei movimenti aderenti al Genoa social forum, espressione italiana di un movimento internazionale venutosi a creare a cavallo del nuovo millennio, si era incontrato nella città ligure per opporre la propria visione del mondo a quella incarnata dagli 8 premier dei paesi più industrializzati al mondo. Pacifismo, lotta al capitalismo e alla globalizzazione selvaggia, alla finanziarizzazione dell’economia, allo sfruttamento dei paesi più poveri, alla criminalizzazione dei migranti avevano riunito soggetti anche diametralmente diversi, esprimendo anime variegate, dai centri sociali ai movimenti cattolici, dall’associazionismo alla politica passando per i sindacati. In un paio di minuti la violenza e il dissenso pacifico di mischiarono: le Forza dell’ordine partirono e caricarono i manifestanti, la gente scappava, urlava, gridava, ed è così che al G8 di Genova morì anche Carlo Giuliani, che di anni ne aveva 20, ucciso da un colpo di pistola.
“La manifestazione da essere pacifica diventò molto violenta. C’era molta paura, molta tensione – rivela Brandani, che oggi ha 39 anni ma riesce a ricordare benissimo le scene che ha visto e che lo hanno sconvolto venti anni fa – Io ero molto incosciente, la vivevo un po’ come un’avventura, ma sinceramente era molto pericoloso. Mia mamma e la mamma del mio amico ci chiamarono per tornare indietro, ma ormai eravamo partiti. Mi ricordo dei gruppi di black block, anarchici provenienti soprattutto dal nord Europa, e ho visto dei forti scontri tra di loro e i centri sociali. Allo stesso tempo ho visto gente picchiata, donne, ragazzi, vecchi insanguinati: la città era distrutta“.