Le autorità venezuelane indagano sul delitto di Monciatti
“Lo diceva sempre, Caracas è una città dove dopo le 18 è pericoloso essere fuori. Tutti rientrano a casa come se ci fosse il coprifuoco”. A raccontarlo è Carlo, il cugino di Mauro Monciatti, il sinalunghese di 63 anni, diplomatico a Caracas, ucciso presumibilmente nel tardo pomeriggio di sabato.
Sabato Mauro aveva accompagnato la moglie Valentina all’aeroporto. Lei ed i figli Marina e Massimo tornavano in Italia mentre Mauro li avrebbe raggiunti tra qualche settimana per una vacanza in patria. Alla moglie ha detto che sarebbe andato al cinema e poi sarebbe tornato a casa, prima di quel coprifuoco che le persone per bene si sono autoimposte per sfuggire la violenza della capitale.
Ma è proprio all’interno della sua casa che la violenza l’ha inseguito.
Secondo una prima ricostruzione Mauro sarebbe stato ucciso, forse con un forte colpo alla nuca, proprio all’interno della sua abitazione. Forse ha sorpreso un ladro, forse qualcuno l’ha seguito e aggredito proprio per entrare all’interno di quella casa, dove però sembra che non manchi nulla. Difficile dirlo per il momento, anche perchè, secondo le prime indiscrezioni, pare che non siano stati riscontrati segni di effrazione.
Dopo 13 ore di volo la moglie Valentina ha iniziato a telefonare per avvertire dell’arrivo in Italia, ma senza ottenere alcuna risposta. A dare l’allarme è stato un collega di Mauro, quando lunedì mattina ha visto che non arrivava al lavoro. A fare la tragica scoperta nell’appartamento del quartiere di Altamira, una zona residenziale nell’est della capitale venezuelana, considerata una delle più tranquille di Caracas, abitata da industriali e professionisti di classe media agiata, è stato un carabiniere in servizio al consolato.
“Attendiamo il rapporto della polizia, che dovrebbe esserci consegnato a breve – ha riferito alla “Voce” (giornale per italiani che vivono in Venezuela) il Console Generale Mauro Lorenzini che ha poi spiegato che a notare l’assenza sono stati i colleghi, insospettiti dal fatto che Monciatti era sempre molto puntuale. “Abbiamo chiamato Monciatti al telefonino – ha spiegato il Console Lorenzini -. Visto che non rispondeva ho chiesto al nostro Carabiniere di recarsi a casa sua. Il Carabiniere ha trovato la porta dell’appartamento aperta e ha notato alcune macchie di sangue. Allora ha chiamato immediatamente la polizia. Non sembra sia stata una rapina ma per saperne di piú – prosegue – è necessario avere pazienza e attendere il rapporto della polizia”.
Il corpo di Monciatti, sempre secondo il racconto del nostro Console Generale, è stato trovato riverso in una pozza di sangue con una visibile ferita alla testa e il telefonino poco distante. Ma nessun segno di ferite d’arma bianca, segnali di violenza e tantomeno di arma da fuoco. Dopo l’arrivo della Polizia è giunta anche la “scientifica” che ha iniziato le indagini.
“Gli inquirenti scrive “La Voce – con gli elementi a loro disposizione, cercano di ricostruire quanto accaduto. Ma sembra un “puzzle” difficile da ordinare. Infatti, non pare sia stato un furto – nell’appartamento almeno in apparenza non mancherebbe nulla – e la serratura dell’uscio, che il Carabiniere ha trovato socchiuso come se qualcuno fosse uscito lasciandolo aperto, non sembrerebbe essere stata forzata. Sarà l’autopsia a spiegare qualcosa di più. La tesi più accreditata è che dei delinquenti avrebbero intercettato in strada Monciatti obbligandolo poi a recarsi in casa per svaligiare l’appartamento. Non si sa, però, cosa possa essere accaduto una volta dentro e perchè i ladri, se l’ipotesi dovesse trasformarsi in certezza, siano fuggiti sensa rubare nulla”.
A confermare la morte è stato il Ministero degli Esteri, per il quale Mauro Monciatti lavorava da quasi 30 anni. Un lavoro che lo aveva portato a girare tantissimi paesi, fino a quando, tre mesi fa, è stato assegnato a Caracas.
Raggiunto a Sinalunga il fratello Moreno ha spiegato che per il momento la famiglia non è in possesso di nessun particolare in più sulla tragedia e che attendono le decisioni della Farnesina per valutare se è il caso che la moglie ed i familiari raggiungano il Venezuela.
Il Console Generale Lorenzini si sta incaricando personalmente delle pratiche per riportare la salma in Italia. “La famiglia – ha spiegato il Console – ha chiesto che la salma sia trasferita in Italia. Abbiamo giá provveduto ad ottenere le autorizzazioni dalla polizia per farlo nel piú breve tempo possibile”.
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