“Come Tecnici della Prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro, non possiamo dirci soddisfatti delle soluzioni individuate dal Governo per fronteggiare gli infortuni sul lavoro. Le modifiche proposte rischiano di peggiorare la situazione, rendendo ancora più confuso il sistema di controllo”. Così scrivono i Tecnici della Prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro, parte dell’Ordine TSRM PSTRP di Siena, in merito alle modifiche proposte nel Decreto fiscale che estendono le competenze di coordinamento all’INL nell’ambito della sicurezza sul lavoro.
“L’attribuzione all’Ispettorato Nazionale del Lavoro della piena competenza in materia di vigilanza , è in aperto contrasto con l’impianto normativo posto in essere con la 833/1978 che attribuisce alle Unità sanitarie Locali gli interventi di prevenzione negli ambienti di lavoro.
Con la Legge 58/97 art 1 viene individuata la figura professionale del tecnico della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro, con il seguente profilo: il tecnico della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante, è responsabile, nell’ambito delle proprie competenze, di tutte le attività di prevenzione, verifica e controllo in materia di igiene e sicurezza ambientale nei luoghi di vita e di lavoro.
Importante novità: il nuovo titolo abilita all’esercizio della professione. Con la definizione della nuova figura professionale viene riconosciuto al tecnico della prevenzione il ruolo di professionista all’interno del S.S.N., che interviene nei comparti produttivi con specifici piani mirati promossi e sostenuti dalle Regioni attraverso i piani di prevenzione, mirati essenzialmente alla tutela della salute ed integrità fisica del lavoratore. Prendendo in considerazione tutti i rischi lavorativi che possono determinare un danno alla salute dei lavoratori, compresa l’analisi e lo studio dell’efficacia delle misure di prevenzione messe in atto per prevenire i danni causati dall’esposizione ad agenti fisici, chimici , cancerogeni, biologici, vibrazioni, movimentazione manuale dei carichi e l’ ergonomia delle lavorazioni ecc.. compreso l’aspetto della promozione e tutela della salute luoghi di lavoro anche attraverso il programma dell’OMS Workplace Health Promotion.
E’ chiaro quindi, che la modifica introdotta dall’art. 13 del D.lgs 81 dal DL 146/21 attribuisce delle funzioni specialistiche, per le quali è richiesta una specifica professionalità in materia di salute, al personale del Ministero del Lavoro che ne è privo. Senza voler sminuire il fondamentale lavoro svolto dall’Ispettorato del Lavoro, che fino ad ora si è occupato di materia prettamente giuslavoristica, per il contrasto del lavoro nero ed irregolare, e della precarietà, non si comprende come il personale dell’INL, non avendo un percorso di studi medico o sanitario, possa attraverso semplici “pacchetti formativi” in tema di medicina del lavoro, chimica, biochimica, igiene, tossicologia industriale, sociologia, medicina legale ecc., eguagliare il lavoro di figure mediche e sanitarie che da più di 40 anni si occupano di salute e sicurezza sul lavoro. Autorizzando un ennesimo esercizio abusivo “legalizzato” della nostra professione, di tecnici della prevenzione che non possiamo più tollerare.
Ci saremmo aspettati una chiara definizione dei ruoli, il professionista sanitario rivolto alla tutela della salute dei lavoratori e i professionisti dell’ispettorato rivolti alla tutela contrattuale dei lavoratori, mettendo in atto misure per rendere il sistema più omogeneo e integrato, con delle responsabilità e delle professionalità messe in campo e non un ulteriore e sterile spostamento di competenze verso l’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
Come professionisti sanitari, formati con percorsi universitari e specialistici, abbiamo il dovere morale e deontologico di tutelare la salute dei lavoratori, che non possiamo lasciare in mano a figure non appositamente qualificate.
Non fermiamoci alla sola reazione emotiva suscitata dall’anomala concentrazione di infortuni mortali che la stampa nazionale ha messo in risalto nell’ultimo periodo, perché se approfondiamo l’analisi del fenomeno si evidenzia che l’andamento degli infortuni sul lavoro, compresi i gravi e i mortali, da anni presenta un trend in diminuzione, confermato anche nel 2020/2021 escludendo gli infortuni dovuti a Covid e ciò è forse il frutto anche del nostro lavoro”.