Domenica prossima – con una settimana di ritardo rispetto alla scadenza naturale – la Contrada di Valdimontone ricorderà un suo protettore, Niccolò Scatoli, trombettiere del 34° battaglione bersaglieri che prese parte alla presa di Porta Pia, di cui ricorre il 150° anniversario. Alle 16.30 verrà scoperta una lapide nel palazzo di via Roma dove Scatoli abitò per quasi sessant’anni (e dove tutt’ora abita parte della famiglia); alle 17.00, presso la sede museale la sua figura verrà descritta nel corso di un incontro da Gabriele Maccianti, Carlo Cadorna, pronipote di Raffaele, comandante delle truppe italiane, Ilaria Marcelli e Raffaele Ascheri. La serata si concluderà alle 19.00 con il concerto della fanfara dei bersaglieri di Siena. Un’occasione per marcare l’imprescindibile rapporto tra storia, territorio e identità che fanno della Contrada un modello di vita originale e prezioso. Una piccola pubblicazione, che ripercorre l’esistenza di quest’uomo semplice ma straordinario, sarà distribuita ai presenti.
La ricostruzione dell’avventurosa vita di Scatoli è in gran parte frutto del paziente lavoro di Aldo Giannetti, storico archivista della Contrada. Rinvenuto neonato in una scatola (da qui il cognome) davanti alla porta di una chiesa di Chiusdino il 6 dicembre 1845, crebbe svolgendo le più diverse occupazioni e trovò una vera famiglia solo nell’esercito. Prese parte alla battaglia di Custoza (24 giugno 1866), nel corso della quale rimase leggermente ferito, e quattro anni dopo a Porta Pia fu colpito dai pontifici alla gamba sinistra. La gravità dell’offesa costrinse i chirurghi ad amputargli l’arto. Ecco come Scatoli raccontava l’episodio: “Quando sulle mura comparve la bandiera bianca, il maggiore Pagliari – il suo comandante – con pochi di noi, si fece sotto; ma siccome l’artiglieria nostra continuava a sparare, comandato dal Pagliari, suonai la tromba dando il segnale del cessate il fuoco”. Nella confusione, tra i il frastuono e la polvere, non tutti hanno capito. Infatti, “una scarica improvvisa stende a terra il Pagliari ed altri attorno a lui. Io sentii un gran colpo al [ginocchio] sinistro, come di un sasso che violentemente mi colpisse: ma non ci badai. Il mio maggiore moriva: lo sollevai, lo appoggiai sul mio sacco, gli bagnai il viso con l’acqua della mia borraccia, poi me lo caricai sulle spalle per portarlo al posto di medicazione, ma sotto le mura il Pagliari moriva”. Bendato alla meglio, entra in una Roma festante. Solo il mattino successivo si rese conto della gravità della ferita.
La pesante menomazione – per una delle tante bizzarrie della vita – ne consacrò la figura. Fu assunto dall’Archivio di Stato, divenendo un abile rilegatore, e Siena ne fece il suo eroe, dandogli l’onore di chiudere, da solo, in carrozza, le grandi manifestazioni patriottiche. Racconta Paolo Cesarini, che lo aveva conosciuto: “Era un suo glorioso privilegio. I padri lo additavano alla prole insegnando: “Vedi quel vecchio con la barba bianca? E’ lo Scatoli. Ha perso una gamba a Porta Pia”. Nel rione dei Servi, pur senza prendere parte attiva alla vita della Contrada, divenne una figura conosciuta e apprezzata, come del resto in tutta la città, anche per i tanti ricordi di una vita di cui era orgogliosissimo e amava sempre parlare. Morì il 31 dicembre 1935. Un’esistenza davvero straordinaria.