"Le piccole cose", mostra personale di Alessandro Chiaramonti al Parco Sculture del Chianti

Di Redazione | 10 Maggio 2024 alle 10:30

"Le piccole cose", mostra personale di Alessandro Chiaramonti al Parco Sculture del Chianti

Torna domani, sabato 11 maggio alle 16,30, l’appuntamento con lo scultore Alessandro Chiaramonti e la sua mostra personale dal titolo “Le piccole cose” che era stato rimandato a fine aprile a causa del maltempo. Dopo aver ospitato la mostra fotografica di Fabio Giamello, dunque, la galleria a cielo aperto del Parco Sculture del Chianti a Pievasciata (Castelnuovo Berardenga) si apre a questa personale di scultura che resterà visibile fino al 28 luglio. Sabato dalle 16,30 sarà possibile visitare la mostra insieme all’artista, in un altro degli appuntamenti con la stagione che segna i primi vent’anni del Parco Sculture.

 

La mostra di Chiaramonti è un’occasione diretta: così come fa l’arte stessa, le sue sculture parlano di noi e parlano, direttamente, a noi. Chiaramonti gioca, è il caso di dirlo, con il concetto di infanzia e lo fa al netto di facili romanticizzazioni, lo fa in maniera tutto sommato semplice ma concreta. È facile, per lui: dietro a cose piccole nasconde possibilità grandi, destinate e riservate solo a chi sia capace, o semplicemente disposto, a coglierle.

 

L’infanzia, dunque, emerge da questi lavori come specchio della grandezza del genere umano; l’immaginazione si propone come un riassunto delle potenzialità della specie, non evasione ma elevazione; il gioco diventa strumento per l’esplorazione del sensibile, il contrasto diventa occasione per lo stupore.

 

 

L’autore

Alessandro Chiaramonti è uno scultore autodidatta e immediato. Le sue opere – caratterizzate, appunto, dall’immediatezza: nel processo di creazione così come nella comprensione – partono spesso da un’ispirazione casuale, derivata dall’osservazione anti-giudicante delle persone.

 

Chiaramonti si ferma per ricercare, e trovare, il bello in ognuno, convinto che dietro a ogni persona ci sia sempre una storia da raccontare. Da queste storie nascono figure equilibrate nelle forme e aggraziate nei sentimenti con cui è facile entrare in empatia, arrivando a provare per loro un senso di familiarità, mista a gaiezza e lieve malinconia. Non è solo la comprensione dell’opera a risultare immediata, ma anche quella dell’essere e del sentire umano.

 

Lo spazio dell’arte viene identificato, dunque, non solo come un luogo del divenire – in cui possono sorgere nuovi comportamenti, pensieri ed emozioni – ma anche del “ritornare”: alla semplicità, alla confidenza e all’ascolto.

 

 

La scultura come un processo continuo

 

Attraverso rapidi gesti delle mani, talvolta solamente delle dita, la materia (l’argilla) viene modellata fino alla creazione di sculture prevalentemente figurative. Questa proliferazione di volti e corpi spinge ad assimilare un’opera di Chiaramonti a una pagina di testo, scritta in corsivo: i soggetti che a un certo punto si parano davanti hanno sempre qualcosa da raccontare.

 

Ma è l’esperienza artistica ad essere al centro della composizione: la visione, il movimento, il ricordo, i cambiamenti e l’apertura a nuove forme e possibilità. L’opera è, per lui, un processo in continuo movimento, come fosse una danza, una performance. «Esiste un rapporto estremamente intimo – afferma, infatti, Chiaramonti – tra l’artista e quella fase che si colloca tra il blocco di argilla iniziale e l’opera finita. ⁠Quando faccio una maternità, ad esempio, mi passano per la testa e tra le mani mille volti di donne, ricordi, espressioni; e allora cambio la posizione delle braccia, cambia l’umore, cambia ciò che si vuole trasmettere e ciò che, invece, è bello tenere per sé. ⁠Fino a che, eccola là».

 

Le linee delle figure di Chiaramonti suscitano una sensazione di eterea serenità. Hanno carattere regolare, spesso curvilinee. Attraverso un tratto sicuro, non di rado capita che quelle linee aggraziate si possano interrompere improvvisamente e volutamente: il processo continuo torna e si ritrova anche nell’opera stessa.

 

La scelta dell’argilla e della terracotta, spesso a discapito di altri materiali quali il bronzo o il marmo, è insita a quello stesso processo di creazione, tanto caro a Chiaramonti. Non solo. La terracotta, in qualità di materiale “povero”, crea una coerenza estrema rispetto ai temi di umiltà e verità, centrali nelle opere dello scultore. Mentre la materia resta modesta, il procedimento che porta all’opera finita è estremamente ricco, richiedendo molte accortezze e diversi tempi di lavorazione, dalla modellazione all’essiccazione, la cottura e infine il restauro.



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