Il posto fisso nella scuola a 64 anni, ma è costretta a rinunciare
Patrizia Meini, senese e brucaiola che vive e lavora a Grosseto, per vent’anni attende un posto fisso come bidella nella scuola, ma quando arriva, a 64 anni e una percentuale di invalidità, è costretta a dire no.
Da 1997 Patrizia Meini lavora nelle scuole grossetane come collaboratrice scolastica, quella che un tempo si chiamava la bidella, facendo supplenze. “Lavoravo 120 giorni all’anno – dice – e non ci mangiavo, quindi ero costretta ad avere un secondo impiego, in un’agenzia immobiliare”.
“Il lavoro è sempre stato faticoso – descrive – ma io mi sono trovata bene in tutte le scuole di Grosseto: con i presidi e con le colleghe”. Tra supplenze per sostituzioni di colleghe in malattia o in maternità Patrizia è andata avanti per quasi vent’anni, ma nel 2011 tutto è diventato un po’ più complicato a causa di un problema al ginocchio che l’ha costratta ad una lunga serie di operazioni. “Mi hanno riconosciuto una invalidità del 67% – continua – ma io sono andata a scuola fino al 2015 quando il mio ortopedico me l’ha proibito. Dal 2011 al febbraio 2016 io ho avuto otto operazioni al ginocchio”.
A fine estate 2016 arriva l’assunzione, ma con beffa. Patrizia Meini è nella graduatoria normale, che ha una graduatoria parallela per persone con invalidità. Sale quindi di una decina di posti e le viene offerta l’assunzione a tempo indeterminato, ma non a Grosseto, bensì in qualche scuola molto lontana e da raggiungere con mezzi propri.
“Come faccio ad andare ad Arcidosso in pieno inverno?” dice Patrizia. Oppure al Giglio o in altri paesi difficili da raggiungere. Per di più la graduatoria non tiene conto, per quanto riguarda l’impiego, della sua invalidità e l’incarico è per ruoli di fatica.
“Che senso ha assumermi così a 64 anni? – spiega Patrizia. – Come si può pensare di destinare una donna di 64 anni con invalidità a sedi lontane da raggiungere e per di più con ruoli di fatica impossibili da portare avanti con il mio problema di salute? Avrei potuto accettare e subito mettermi in malattia ed andare avanti con trucchi di questo genere per i tre anni che mi separano dalla pensione. Io non sono fatta così. Ho pianto, ho pianto davvero tanto, ma ho dovuto rinunciare”.
L’intervista completa sul tg di Radio Siena Tv