Continua a crescere, in modo stabile, anche se ad un ritmo contenuto, l’economia toscana. Bene l’export e il mercato del lavoro. Velocità diverse fra i servizi, in espansione, e la manifattura, in contrazione nella moda. Presentato a Palazzo Strozzi Sacrati il rapporto Irpet sull’economia toscana dal titolo ‘Fattori di vulnerabilità e velocità di crescita: che accadrà all’economia toscana?’.
Si parte da uno sguardo al quadro internazionale: instabile a causa del perdurare delle tensioni geopolitiche ma con un Pil globale positivo, +3,2%, seppur diversificato (+2,5% Usa, +5,2% Cina, +0,4% area euro). Cala l’inflazione, processo che dovrebbe continuare in proporzione all’abbassamento del costo del denaro da parte delle Banche centrali.
Venendo all’Italia e alla Toscana, nel 2023 il Pil ha continuato a crescere,+0,7% (0,6% nazionale), ma meno rispetto al biennio precedente. Un’economia che ha confermato capacità di recupero dopo gli anni della pandemia e l’esplosione dell’inflazione, sebbene aiutata da stimoli fiscali post Covid e dalle risorse del PNRR. La previsione per i prossimi anni annuncia ancora crescita, stabile ma lenta: +0,8% nel 2024 e 2025, +1,2% nel 2026, in linea con quella nazionale.
Crescita con velocità diverse tra settori. Ad esempio il turismo che, malgrado la stagnazione del movimento interno (-0,3% nel 2023 rispetto al 2022), ha visto un aumento delle presenze straniere (+17,6%) e dei pernottamenti complessivi (+8,8%), con una crescita dei mercati extra europei e delle strutture extra alberghiere. Le presenze sono tornate ai livelli del 2019, con la componente straniera a far da traino. Andamento opposto per l’industria: il calo dell’indice di produzione nel 2023 è stato del 3,3% (2,1% in Italia) e nel primo trimestre 2024 del 4,9% (3,5% in Italia), imputabile all’andamento negativo del comparto moda, specialmente pelletteria, cuoio e calzature.
Le esportazioni invece segnano per il 2023 il +3,3% (-1,4% Italia) e nel 2024 il +6,3% (-1,9% Italia) con un trend superiore a quasi tutte le altre regioni italiane a maggior vocazione all’export. Se però analizziamo il dato e lo scomponiamo a livello settoriale, il merito va a poche specializzazioni come la gioielleria, la farmaceutica, i macchinari e l’agroalimentare. Negativo il saldo per industria della pelle, calzature e filati e tessuti.
Il mercato del lavoro continua ad essere in crescita, nonostante il calo della popolazione in età lavorativa. Il tasso di attività nel 2023 ha toccato il 73,3%, superando quello del 2019, 71,8%. Stesso segno per il tasso di occupazione (dal 66,8% al 69,3%) e calo per quello di disoccupazione (dal 6,9% al 5,4%). Dal post pandemia il numero di dipendenti è sempre cresciuto: nel 2023 si è passati a +38 mila unità rispetto al 2022 e a +119 mila unità rispetto al 2019. Nel primo trimestre 2024 analogo trend seppur in rallentamento, soprattutto nella manifattura ed in particolare nella moda. Se diamo un’occhiata al numero di lavoratori con ammortizzatori sociali in rapporto agli addetti medi mensili, nell’ultimo trimestre 2023 sale e resta sopra 2,5 ogni 100 nel primo trimestre 2024. Nei comparti moda si arriva a 6 su 100 e a 10 su 100 nella lavorazione della pelle.
Le condizioni di vita percepite dalle famiglie toscane, secondo l’indagine Irpet, sono in miglioramento nel 2023 dato che, rispetto all’anno prima, la percentuale di persone che considerava la propria famiglia povera o molto povera è calata dal 16% all’11%. Scende anche quella di coloro che affermano che la propria famiglia arriva con difficoltà o grande difficoltà a fine mese, dal 60% al 40%. Ed aumenta quella delle famiglie che riescono a gestire con relativa facilità le spese mensili, dal 40 al 44%. Permangono tuttavia elementi di fragilità, di cautela ed incertezza: un toscano su due non è ancora completamente soddisfatto della gestione del proprio bilancio familiare, uno su sei non saprebbe far fronte a una spesa imprevista di 800 euro, prevalgono coloro che prevedono un peggioramento delle prospettive del proprio tenore di vita.
Lo studio prova poi a individuare quattro rischi strategici o fattori di vulnerabilità che potranno impattare ne prossimi anni sul sistema economico e sociale toscano, in considerazione del fatto che la tenuta dell’economia, nel medio-lungo periodo, non sembra avere una intensità tale da metterlo al riparo.
Il primo è la dipendenza del sistema produttivo dall’esterno: circa il 65% del valore aggiunto generato in Toscana dalla produzione di beni, servizi esclusi, è attivato da domanda estera; si sale al 93% se consideriamo anche la domanda che proviene da altre regioni italiane. Quindi solo 7 euro ogni 100 di valore aggiunto generato dal nostro sistema manifatturiero, quando produciamo beni e non anche servizi, è attivato dalla domanda dei toscani. Se a questo aggiungiamo che la domanda straniera dipende per una buona quota da paesi abbastanza distanti, e non solo geograficamente (Cina, Russia), il rischio di vulnerabilità cresce. E lo fa anche riguardo all’approvvigionamento di alcuni input produttivi, in particolare per tre filiere importanti come la moda, la farmaceutica e la produzione di macchinari.
Il secondo riguarda il declino demografico ed i riflessi sul mercato del lavoro e, nello specifico, per l’incontro tra domanda e offerta. Dal rapporto tra la popolazione 60-69 anni (in uscita dal mercato del lavoro) e quella in età 20-29 anni (in entrata) notiamo che se nel 1993 c’erano 88 anziani per 100 giovani, nel 2023 si passa a 143 anziani ogni 100 giovani e a 170 anziani ogni 100 giovani nel 2033. Con impatti diversi a seconda delle aree. Oggi in alcuni sistemi locali la domanda di lavoro prevale sull’offerta e il potenziale mismatch è corretto grazie ai flussi di movimenti pendolari e dall’immigrazione. Ma nel futuro questo rischia di andare fuori controllo. Secondo lo studio nei prossimi dieci anni nel 60% delle unità locali le uscite per pensionamenti non troveranno un corrispondente potenziale flusso in ingresso fra i 20-29enni.
Il terzo prende in considerazione la relazione tra occupazione, salari e produttività e mette in evidenza un sistema produttivo che non è riuscito a valorizzare adeguatamente la loro crescita. Se ad esempio osserviamo il rapporto tra occupazione e salari emerge un concentrazione agli estremi con una crescita dei lavoratori nei livelli reddituali più bassi (+3%) e in quelli più alti (+2%). In quelli intermedi la diminuzione è stata del 5%. In sostanza la questione salariale sembra soprattutto associata ad una lentezza nella dinamica della produttività, il cui rilancio diventa fondamentale per consolidare la crescita ed evitare che aumenti la distanza nelle retribuzioni pro capite rispetto ad altri paesi. I salari sono maggiori nelle imprese più produttive, in quelle che esportano, nelle medie e grandi aziende, nella manifattura, ma le medesime casistiche non sono necessariamente quelle in cui l’occupazione è sempre cresciuta di più
Infine, quarto e ultimo, la spesa sanitaria. La crescita stabile ma lenta, rischia di compromettere nel lungo termine la sostenibilità finanziaria del nostro welfare, di cui uno dei principali comparti è la sanità. Quella toscana è molto esposta al rischio dato che il modello poggia sull’erogazione delle prestazioni da parte dei soggetti pubblici. Infatti è una delle regioni con più alta spesa per il personale di ruolo (597 euro pro capite), una minore spesa nei servizi prevalentemente erogati dalla medicina/farmaceutica convenzionata e/o privata (717 euro). Inoltre è consistente la quota di investimenti per ristrutturazione o realizzazione di strutture ospedaliere, con peso importante sui bilanci in termini di interessi sui mutui contratti. Le previsioni sui tassi di crescita in termini reali del Fondo sanitario nazionale, incorporate nel DEF, rischiano di aprire una divaricazione difficile da governare fra la domanda e l’offerta di prestazioni.
A questo indirizzo si possono scaricare la sintesi ed il rapporto completo