Liberazione di Siena, 80 anni dopo: un tuffo nella storia con le foto di Carl Mydans

La mostra a cura di Luca Betti resterà visitabile fino al 4 luglio nella Sala degli Specchi dell’Accademia dei Rozzi in occasione degli ottant’anni della Liberazione

Di Redazione | 30 Giugno 2024 alle 15:30

Istantanee che raccontano un tempo apparentemente lontano ma che rivivono in tutta la loro bellezza consegnando all’oggi quel 3 luglio 1944, il giorno in cui le truppe alleate entrarono in Piazza del Campo. E’ “Carl Mydans: un gigante della fotografia nella Siena liberata”, la mostra a cura di Luca Betti che resterà visitabile fino al 4 luglio nella Sala degli Specchi dell’Accademia dei Rozzi in occasione degli ottant’anni della Liberazione. Una mostra che cade a 20 anni dalla scomparsa del grande Carl Mydans, uno dei fotografi simbolo del secondo conflitto mondiale, in grado di consegnare alla storia volti e momenti densi di umanità.

“Avevo trovato alcune immagini, erano state anche pubblicate, ma non si sapeva di chi fossero e per una serie di circostanze fortunate ho scoperto che erano di Carl Mydans, un grandissimo nome della seconda Guerra Mondiale per quanto riguarda la fotografia, forse secondo solo a Robert Capa – racconta Luca Betti -. Qui ha documentato la Liberazione, lui è montato nella jeep insieme al Generale Francese e l’ha seguito dal Ponte di Macereto fino a dentro la città. Era un fotografo con amava le situazioni di circostanza, le strette di mano, amava invece documentare la vita di tutti i giorni dei soldati. Così documenta un francese che fa il bagno al cane nel fiume Merse piuttosto che tutte le cose meravigliose nella Piazza del Campo tipo la bellissima signora che offre il vino al Generale o i bambini e ragazzini sopra i colonnini. Quella jeep del Generale era piena di fiori, è questa la testimonianza che la città ha apprezzato la liberazione da parte dei francesi, anche se qualche piccolo problema c’è stato perché accompagnati dalle truppe coloniali. Vedere oggi queste fotografie – racconta ancora Betti -, sapendo anche con mezzi sono state fatte e immaginandomi le condizioni con cui sono state fatte, fa un effetto straordinario e ti fa apprezzare il grandissimo lavoro fatto dai fotoreporter dell’epoca. Oggi con il telefonino potrei dire che saremmo capaci tutti, all’epoca questo signore faceva con due macchine fotografiche al collo e l’attrezzatura militare addosso”.



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