“Il ministro come tutti i governi dal 2011 in poi è parte del problema MPS”
Il giorno dopo l’assemblea dei lavoratori del Gruppo Bassilichi e la visita di Padoan al Pd cittadino, Fulvio Mancuso dice la sua sul ministro, chiamato in causa anche dagli stessi dipendenti di cui sopra.
“La candidatura di Padoan per il Pd al collegio uninominale di Siena è accompagnata da una retorica del tutto falsata rispetto alla realtà attuale e alla storia degli ultimi anni.
Una candidatura calata dall’alto direttamente da Matteo Renzi che lo ha voluto presentare come uno degli artefici del salvataggio di Banca MPS, una candidatura imposta e del tutto slegata rispetto il nostro territorio che, mai come oggi, avrebbe necessità di rappresentanza delle proprie istanze economiche e sociali.
Padoan è ministro di punta del governo Gentiloni, così come lo è stato in quello guidato da Renzi, e su Banca MPS, i governi di centrodestra – Berlusconi con il ministro Tremonti – quelli di centrosinistra e anche quello tecnico di Monti, hanno condotto un’azione inefficace e soprattutto intempestiva sia di fronte all’Unione Europea che rispetto a quanto occorresse fare per mettere in sicurezza il sistema creditizio del Paese. Tutto questo ha una linea storica che parte almeno dall’epoca delle prime richieste di aumento di capitale dell’E.B.A. (Autorità Bancaria Europea) fino alla direttiva dell’Unione Europea del 2014 sul c.d. bail-in.
Azioni di governo che non sono state in grado di far emergere a livello europeo le differenze tra banche commerciali e tradizionali, come MPS, impegnate soprattutto verso famiglie e imprese, rispetto ad altre, come quelle tedesche, molto esposte sul piano dei prodotti finanziari ad alto rischio, come quelli strutturati e derivati. I governi italiani, compresi quelli di cui è stato ed è tuttora esponente Padoan, sono rimasti muti e inermi dopo che altri Paesi europei come la Francia e la Germania avevano provveduto a salvare i propri istituti di credito a suon di miliardi di euro dei contribuenti senza alcun vincolo europeo. Sempre muti e inermi quando, a “buoi scappati”, l’Unione Europea – Germania in testa – ha imposto nel 2014 la direttiva sul c.d. bail-in, cioè l’obbligo per gli Stati di mettere anche a carico dei risparmiatori gli oneri di salvataggio delle banche. Il tutto mentre i nostri governanti (Padoan compreso, fino a poco tempo fa), ripetevano il mantra della solidità del sistema creditizio italiano, poi rivelatasi fallace. Del resto anche anni prima, sotto i governi Berlusconi e Monti, invece di un intervento tempestivo e risolutivo, Banca MPS ha ricevuto i c.d. Tremonti e Monti Bond, per un totale di oltre 6 miliardi di euro, restituiti con interessi onerosissimi: circa 500 milioni di euro che la nostra Banca, invece di essere oggetto di un piano strategico nazionale di intervento, ha sborsato all’Erario. Per di più, fino al 2016, i ripetuti aumenti di capitale sono stati completamente divorati dalla speculazione internazionale per cui alla fine l’operazione di salvataggio è costata una cifra enorme sia ai risparmiatori (anche piccoli, di cui moltissimi senesi e dipendenti) che allo Stato.”
“Questi sono i salvatori della più importante azienda Toscana, con radici storiche profondissime nella nostra città e territorio? E cosa è successo anche dopo il recente intervento dello Stato nel capitale di Banca MPS, realizzato, in extremis, proprio dal ministro-candidato “senese”? I dati, non ancora ufficializzati ma già largamente conosciuti e oggi pubblicati dalla stampa, parlano, per il bilancio 2017, di ulteriori 3,5 miliardi di euro di perdite – ancora peggio del 2016-, e di una riduzione dei ricavi (-6%), del margine di interesse (-11,5%) e della raccolta (-4,5%), di 435 filiali chiuse e di 1800 dipendenti mandati a casa nell’ultimo anno. Il tutto con soldi pubblici. E, ad aggravare la situazione ci pensano anche le strategie del management, viste le voci che continuano a circolare sulla possibile cessione di un asset strategico quale il Consorzio Operativo di Gruppo e i rischi per l’occupazione dell’indotto che, negli ultimi giorni, vedono coinvolta un’azienda come Bassilichi a cui forse non sarà rinnovata una commessa importante, su cui lavorano almeno 80 dei suoi 150 dipendenti.
Ci chiediamo, quindi, se Padoan sia l’uomo giusto per rappresentare Siena e il suo territorio in Parlamento. Crediamo proprio di no – ha terminato Mancuso – e penso che i nostri concittadini ne siano consapevoli e ne trarranno le ovvie conclusioni il 4 marzo prossimo.”