Si è chiuso, dopo sette anni, con la sentenza di non luogo a procedere per i 10 imputati accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, il procedimento penale nei confronti dei componenti dell’equipaggio delle ong Jugend Rettet, Save The Children e Medici Senza Frontiere. Fra questi anche il senese Tommaso Fabbri, capo missione di Medici Senza Frontiere, insignito nel 2018 del premio Mangia, la più alta onorificenza cittadina senese.
Le organizzazioni umanitarie erano accusate dai pm di Trapani di aver stretto accordi con i trafficanti di uomini e di non aver prestato in realtà soccorso ai profughi ma di aver fatto loro da “taxi”, trasbordandoli dalle navi libiche alle quali poi avrebbero permesso di tornare indietro indisturbate. Il gup che ha emesso la sentenza con la formula perché il fatto non sussiste è Samule Corso.
Il non luogo a procedere era stato chiesto dalla stessa Procura di Trapani dopo una inchiesta costata circa 3 milioni di euro. Nel procedimento era costituito parte civile il ministero dell’Interno che si è rimesso alla decisione del gup. I pm avevano anche disposto il sequestro dell’imbarcazione Iuventa di una delle tre organizzazioni umanitarie coinvolte. La nave nel frattempo ha subito danni enormi ed è inutilizzabile. Le ong Medici Senza Frontiere, Save the Children e Jugend Rettet e vari loro dipendenti e volontari erano stati accusati di favoreggiamento dell’immigrazione illegale, un reato secondo cui è punito con il carcere chi «promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato»
“Sono stati sette anni di illazioni, slogan infamanti e una campagna di criminalizzazione delle organizzazioni impegnate nel soccorso in mare- ha detto Tommaso Fabbri ai nostri microfoni – Si è chiusa oggi un’inchiesta basata sul niente, una macchina del fango che ci ha toccato e che ha diminuito la capacità di soccorso in mare, minando il concetto di solidarietà. Criminalizzare la solidarietà non fa altro che aumentare le morti in mare – ha aggiunto Fabbri – . Noi abbiamo continuato a lavorare e siamo riusciti ad arrivare fino a qua, ovvero a testimoniare il fatto che questa politica restrittiva è mortale. Noi condanniamo tutto questo e speriamo che da oggi si riparta da un concetto di solidarietà vero. Le persone devono essere salvate, c’è il diritto e l’obbligo morale di salvare le vite in mare, come c’è il diritto di chiedere asilo”.