Il lavoro dei migranti nei campi e nelle stalle è indispensabile per i primati del Made in Tuscany a tavola e per la crescita del settore. Senza la forza lavoro dei 23.642 lavoratori provenienti da tutto il mondo che hanno trovato regolarmente occupazione in agricoltura assicurando poco meno di 3 milioni delle 7 milioni complessive giornate di lavoro necessarie al settore, quasi un prodotto su due resterebbe nei campi. Il 42,9% dei lavoratori agricoli nelle campagne della Toscana è infatti straniero. Una componente che continua a crescere (+1,1%) caratterizzata da rapporti di lavoro principalmente stagionali nell’87,3% dei casi. E’ quanto emerge da una analisi Coldiretti Toscana sulla base del Dossier Crea relativi al 2021. “Sono una forza imprenditoriale e lavorativa importantissima che rende la nostra agricoltura multietnica; attori del Made in Tuscany a tutti gli effetti che contribuiscono alla produzione del nostro agroalimentare di qualità. – spiega Letizia Cesani, Presidente Coldiretti Toscana – Nella nostra regione, così come nel resto del Paese, la carenza di manodopera è diventata strutturale. Il lavoro c’è, mancano le mani ed i cervelli. In questo senso è importante affrontare il tema della disponibilità di lavoratori con una gestione dei flussi più efficiente partendo dal decreto triennale che abbiamo fortemente sostenuto assicurando alle nostre imprese la certezza di poter avere a disposizione lavoratori regolari e non subire la concorrenza sleale di chi sfrutta le persone”.
Nelle campagne servono – sottolinea Coldiretti Toscana – non solo addetti alla raccolta per le verdure, la frutta e la vendemmia ma anche figure specializzate come i trattoristi, i serricoltori, i potatori. Non vanno dimenticati poi – continua Coldiretti Toscana – i nuovi sbocchi occupazionali offerti dalla multifunzionalità che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, ma anche alle attività ricreative, l’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, la sistemazione di parchi, giardini, strade, l’agribenessere e la cura del paesaggio o la produzione di energie rinnovabili. Quasi un’azienda agricola su due (41%) si trova o si è trovata in carenza di manodopera mentre il 53% fa ricorso ai lavoratori stranieri soprattutto nel periodo primaverile ed estivo secondo l’indagine conoscitiva “Gli immigrati e l’agricoltura nella Regione Toscana” realizzata da Coldiretti e Fondazione Campagna Amica. La durata del rapporto di lavoro per le aziende che hanno fatto ricorso a manodopera non italiana e? di almeno 6 mesi (fino ad un anno) nel 44% dei casi, tra 3 – 6 mesi nel 31%, tra 1 e 3 mesi nell’11%. Meno di un mese per l’8%. – prosegue Coldiretti Toscana – Un dato spiegabile con la stagionalità? del lavoro agricolo salvo in quei casi neanche troppo minoritari in cui l’impresa e? gestita insieme a immigrati presenti da tempo in Italia e fidelizzati presso le aziende che affidano ruoli della durata maggiore di 6 mesi. La forma contrattuale a tempo determinato è la più comune (66%).
Ma non ci sono solo lavoratori, sono in forte crescita anche gli imprenditori con quasi 3 mila le imprese agricole guidate da stranieri in crescita del 18,6% rispetto al 2019. Un incremento poderoso, a doppia cifra, in controtendenza rispetto alla riduzione generale del numero di imprese agricole regionali condotte da italiani che si è verificato negli ultimi anni (-2,9%). Il maggior numero di imprese agricole straniere si trova in maremma (765 imprese) ma la più alta incidenza si registra a Pistoia, 387 imprese, con il 12% sul totale di attività del settore seguita da Prato, 52 imprese, con il 9%.