Crediti e esuberi i nodi di Monte dei paschi da sciogliere con la Commissione Ue
Si stringe per arrivare al via libera della Commissione Ue alla ricapitalizzazione precauzionale di Monte dei paschi “A questo punto dovrebbe essere una questione di settimane”, sintetizza una fonte vicina al dossier che evidenzia come il mese di maggio sia un “orizzonte credibile” per l’annuncio di una soluzione. Saranno comunque passati cinque mesi da quando, a fine dicembre 2016, il governo ha varato il decreto ‘salva banche’ necessario a iniziare la procedura per l’intervento pubblico. “Il tempo che è passato è un costo e, in particolare, la sospensione del titolo rappresenta anche un costo reputazionale per la banca e per il sistema finanziario italiano”, rileva un’altra fonte. Dal punto di vista dei risparmiatori, peraltro, c’è il problema della conversione forzosa di alcune passività ibride e subordinate in azioni. Perché con il ritorno sul mercato su livelli molto inferiori a quelli pre-sospensione si farà fatica a vendere i titoli. Su questo fronte, si osserva, “è stata provvidenziale l’idea inserita nel decreto di un meccanismo automatico di concambio in obbligazioni senior (meno rischiose) per gli investitori retail che rinunciano a pretese giudiziarie”.
Sul fronte esuberi, si sta ragionando su un piano più lungo, quinquennale, ma più severo, con l’indicazione di massima di 5-6000 uscite dalla banca. Il tempo passato, però, può incidere positivamente sullo smaltimento degli Npl. E, in questi giorni, gli advisor e i consulenti del Monte dei Paschi sarebbero al lavoro su una “soluzione più soft” rispetto a quanto prospettato finora. Questo anche perché, come evidenziato anche da Daniéle Nouy, presidente del consiglio di vigilanza della Bce, la banca è solvibile e la ricapitalizzazione precauzionale è tale da metterla in sicurezza. In sostanza, le condizioni rispetto all’emergenza di dicembre sono evidentemente cambiate. Soprattutto a fronte dello sforzo che, attraverso la ricapitalizzazione, dovrà affrontare l’azionista Tesoro. Prima del fallimento dell’aumento di capitale, si spiega, si puntava a togliere dal tavolo sofferenze e buona parte degli incagli, portando a conto economico una perdita considerevole, mitigata dall’intervento di Atlante. Oggi, invece, lo scenario è diverso. Trattandosi di una ricapitalizzazione precauzionale, non c’è più l’esigenza di fare tabula rasa al giorno zero. Con un sacrificio superiore in termini di ricapitalizzazione, in sostanza, la banca ha meno bisogno di vendere subito gli Npl. Tra l’altro, si fa notare, le linee guida pubblicate di recente dalla Bce sono meno interventiste rispetto al passato e qualche concessione in questo senso è stata fatta anche a Bankitalia. Ora le banche non sono più tenute a cedere in blocco le sofferenze ma sono tenute ad avere un piano di smaltimento, che può essere declinato in diversi modi. In questo scenario, nell’interlocuzione sull’asse Roma-Bruxelles-Francoforte, riferiscono ancora le fonti interpellate, sulla cessione degli Npl “sarebbe prevalso un approccio più prudente”