Nessuno spunto investigativo utile sarebbe emerso da alcune dichiarazioni fatte nel maggio del 2019 da Giandavide De Pau, il killer delle tre donne uccise a Roma a novembre 2022, in cui affermava di avere ammazzato il capo delle relazioni esterne di Mps, David Rossi nel marzo del 2013. Lo spiega l’avvocato Alessandro De Federicis in merito a quanto riportato Corriere della Sera e Repubblica.
L’uomo, che si trovava detenuto nel reparto sanitario del carcere di Regina Coeli, si sarebbe autoaccusato di quanto avvenuto a Siena oltre dieci anni fa. La circostanza è venuta fuori adesso in vista dell’inizio del processo per il triplice omicidio delle donne. Due verbali, una testimonianza e circostanze messe insieme hanno fatto emergere una ipotetica connessione tra la morte che ha sconvolto Siena e il femminicidio di nove anni dopo, in un suggestivo intreccio, secondo i due quotidiani, fatto di “mafia, sangue e femminicidi ai danni di escort”.
Interconnessione rafforzata anche in virtù dei fatti del 3 marzo del 2013, tre giorni prima della morte di Rossi, quando fu consumato il delitto a Siena di una escort, in via Vallerozzi, a 250 metri dal luogo dove è stato trovato l’ex capo comunicazione di Mps, Lucelly Molina Camargo. Una morte violenta per cui ha subito una condanna definitiva William Villanova Correa che ha sempre dichiarato di non aver fatto tutto da solo. In ogni caso, nessun riscontro effettivo è stato trovato rispetto alle dichiarazioni di De Pau.
“Alla luce di queste affermazione la procura toscana inviò due investigatori in carcere per parlare con De Pau ma si sono resi subito conto delle condizioni psichiche in cui si trovava all’epoca il detenuto – spiega De Federicis – e non diedero seguito alle verifiche”. I due ufficiali di polizia giudiziaria sono citati nella lista dei testi che la difesa ha depositato in vista del processo davanti alla corte d’Assise per il triplice omicidio che parte domani.