Sarebbero numerosi i motivi per cui il cda di banca Mps, dopo la richiesta di dimissioni da parte del Tesoro, ha deciso di ritirare le deleghe all’ad Guido Bastianini, sostituito da Luigi Lovaglio: insoddisfazione per alcuni atteggiamenti, posizioni e per delle scelte gestionali, ma l’ormai ex amministratore delegato non ci sta ed ha deciso di fare causa alla banca nella convinzione di non aver subito un giusto trattamento.
Al banchiere è stata imputata, secondo quanto apprende Ansa, “la gestione dei rapporti con la stampa” senza “che siano state utilizzate le strutture preposte interne alla banca anche in relazione ai rapporti istituzionali”, nonché “la posizione talvolta ambigua tra la definizione di un piano industriale stand alone ed un piano al servizio di un’operazione strutturale auspicato”, posizione che ha costretto il consiglio ad occupare “numerose sedute” al fine di “al fine di dover costantemente chiarire le finalità del piano industriale”. A ciò si aggiunge un “atteggiamento non pro attivo nell’identificazione del percorso strutturale”. Bastianini pagherebbe poi per “la complessa gestione delle figure manageriali” in particolare nelle circostanze che hanno riguardato alcuni manager – tra cui il general counsel Riccardo Quagliana – che “avrebbe richiesto un diverso livello di trasparenza nell’esecuzione delle delibere”, come pure “l’assenza di una chiara presa di posizione giunta talvolta sino all’astensione” su proposte arrivate al consiglio dalle strutture della banca “senza espressione di orientamento in vicende di particolare delicatezza”, costringendo il cda “ad agire in assenza di una precisa linea gestionale”. A ciò si aggiungono “i disallineamenti nell’esecuzione di alcune delibere consiliari” a lui delegate e “il fraintendimento creato rispetto all’audizione parlamentare la cui segretazione non è stata preventivamente autorizzata” dal cda che dunque “non ha potuto licenziare il testo consegnato alla commissione né tantomeno conoscere il testo dell’adunanza”. Per assicurare il “successo” del piano industriale “sono stati a più riprese richiesti cambiamenti manageriali mai avviati” e per concludere è stata lamentata ” la difficoltà di ottenere la proposta in merito ai piani di successione”, arrivata dopo diverse sollecitazioni lo scorso 31 gennaio.
A stabilire ora se queste motivazioni possano giustificare la revoca o si tratti, come molti reputano, di una sfiducia pretestuosa per assecondare i desiderata del Mef, saranno i giudici ai quali Bastianini è intenzionato a rivolgersi per difendere la sua immagine e reputazione, lesa in caso di revoca senza giusta causa. Lì presenterà la sue ragioni, dopo non averlo potuto fare nel cda che l’ha sfiduciato: la proposta di rinviare la seduta di un giorno per permettere al banchiere di presenziare ai funerali della sorella, a quanto viene riferito, non sarebbe stata accolta dalla presidente Patrizia Grieco.