Ci mancavano solo gli azionisti di Unicredit. E che azionisti. Secondo fonti vicine al dossier Mps, anche il patron di Luxottica Leonardo Del Vecchio, la Fondazione Cariverona e la Cassa di Risparmio di Torino si sarebbero messi di mezzo in merito alla possibile fusione: seguendo così la scia del fondo Black Rock. Un’entrata in scena quanto improvvida per il Governo, che ha fretta di sbrogliare una matassa di giorno in giorno sempre più ingarbugliata.
I dubbi, che un po’ a sorpresa sono stati sollevati anche dal presidente in pectore, Pier Carlo Padoan, ruotano soprattutto attorno ai costi dell’operazione. Alle cause legali, quotazione 10 miliardi, si somma la zavorra dei crediti deteriorati. Quattordici miliardi che il Tesoro sarebbe intenzionato a cedere ad Amco: società specializzata che potrebbe pagare fino al 30% del valore. In questo caso il Tesoro verserebbe nelle casse di Mps circa 4 miliardi. Altri 6, derivanti dall’aumento di capitale e dalle agevolazioni fiscali, andrebbero ad appannaggio del futuro sposo di Rocca Salimbeni. Un pacchetto che il ministro Gualtieri prova di volta in volta a rendere sempre più interessante, tanto che anche sulle pendenze legali è alla studio la cessione del fardello a Cassa Depositi e Prestiti. Il problema è che tutte queste misure vanno in un’unica direzione: piazza Gae Aulenti, dove ha sede Unicredit.
La sponda, e quindi la possibile intesa, sempre che la Bce dia il benestare, potrebbe arrivare dal nuovo amministratore delegato della banca stessa. Jean Pierre Mustier, da sempre molto freddo sull’operazione, lascerà l’incarico il 31 marzo e quindi queste sono le settimane dove si definisce il successore. Con gli azionisti di traverso, solo una figura “amica” potrebbe la via verso Siena. Più facile a dirsi che a farsi. Ah, in questa partita ci sarebbe anche Mps e una piano strategico da presentare prima in Cda e poi in Europa entro la fine di gennaio. L’ad Guido Bastianini ha piena fiducia nel piano “Stand alone”, ma come ha dimostrato il recente viaggio di De Mossi e co a Roma, all’ombra della Torre del Mangia le decisioni non si prendono più. Da tempo, purtroppo.