Il Tesoro vuole la nuova governance prima del rientro in borsa delle azioni Mps
Potrebbe slittare il rientro in borsa delle azioni Mps, previsto per la metà di questo mese, anche se il mercato sperava in un anticipo a lunedì 9 ottobre. La banca avrebbe già fissato il prezzo a 4,28 euro ma il Tesoro frena e vorrebbe riportare il titolo sul mercato solo dopo aver perfezionato adempimenti e modalità della presa del controllo, compresi il passaggio delle azioni e l’insediamento nella governance.
La frenata da parte del Tesoro va quindi a rimescolare le carte in casa Rocca Salimbenin e il cda del 5 ottobre rischia di trasformarsi in una riunione di routine senza nessuna decisione in merito. Considerando che il nuovo cda vedrà la luce dopo le dimissioni di quello attuale e l’assemblea per il varo della nuova governance che dovrebbe esserci tra metà e fine novembre, il ritorno in Borsa rischia di slittare a fine anno.
Le azioni di Banca Mps sono sospese dal 23 dicembre scorso dopo il fallimento dell’operazione di ricapitalizzazione che è stato il preludio alla nazionalizzazione.
Tra i punti cardine da risolvere nelle prossime settimane c’è quello della nuova governance.
L’istituto senese ha la necessità di apportare modifiche sostanziose allo statuto sociale non solo per tener conto del nuovo peso del Tesoro, diventato con il salvataggio azionista di riferimento, ma anche per eliminare tutta una serie di disposizioni ancora legate al ruolo della Fondazione Mps.
Le nuove regole di governance dovrebbero ruotare su modifiche nella composizione del consiglio di amministrazione per dare maggior voce in capitolo allo Stato e ad altri azionisti intenzionati a svolgere comunque un ruolo attivo.
Probabile che il cda rimanga di 13 componenti, con 9-10 posti assegnati alla maggioranza e gli altri alla minoranza, e potrebbe essere introdotto il voto di lista per dar modo alle Generali, secondo azionista con il 4,3% di avere spazio.
La maggioranza dei posti in cda andrà giocoforza al Tesoro, azionista al 70%. Anche i fondi puntano a farsi largo nel nuovo board che sarà eletto dall’assemblea. Gli istituzionali esteri contano per circa il 20% del capitale post-burden sharing e con dentro nomi di spicco.