Sosta al mercato con la squadra mobile e dell’Upgsp della Questura, il medico capo della Polizia Ilaria Paffetti e un rappresentante dell’associazione “Donna chiama donna”
‘Se ti ricatta … non è amore. Se minaccia te o i tuoi figli … non è amore. Se ti isola, umilia, offende …non è amore. Se ti perseguita con mail e sms ossessivi … . non è amore. Se ti prende con violenza quando non vuoi … non è amore. Se ti chiede “l’ultimo appuntamento” …non è amore”. Se ti uccide …non è amore’.
Nel giorno di San Valentino, in cui tutto il mondo celebra l’amore, la Polizia di Stato sceglie di stare ancora una volta vicina alle donne con la campagna “#questo non è amore”.
Anche a Siena, questa mattina un Camper della Polizia ha sostato nei pressi del mercato settimanale, con personale specializzato della Squadra Mobile e dell’UPGSP della Questura, oltre al Medico Capo della Polizia Ilaria Paffetti e ad una rappresentante dell’associazione “Donna Chiama Donna” esperta in materia, a disposizione di chi ha bisogno di supporto o anche semplicemente d’informazioni sul delicato tema della violenza di genere.
Analoghe iniziative si stanno svolgendo, nel pomeriggio, a Chiusi, nei pressi del Centro commerciale Etrusco, con i poliziotti della Squadra Mobile della Questura, del Commissariato di Pubblica Sicurezza omonimo e con la partecipazione dell’associazione “Amica donna”.
Ugualmente a Poggibonsi, in Piazza Rosselli, dove, oltre agli agenti del Commissariato distaccato e alla dottoressa Paffetti della Polizia di Stato, stanno partecipando rappresentanti dell’associazione “Donna insieme”.
Un’idea, quella del progetto CAMPER contro la violenza di genere che, partito a luglio del 2016, ha consentito di contattare oltre moltissime persone, in maggioranza donne, diffondendo informazioni sugli strumenti di tutela e di intervenire su situazioni di violenza e stalking che diversamente sarebbero potute rimanere ingabbiate nel dolore domestico.
La flessione negli ultimi due anni dei delitti tipici (dai femminicidi, alle violenze sessuali, dai maltrattamenti in famiglia agli atti persecutori) non ferma infatti l’impegno di prevenzione: non solo perché il numero assoluto delle vittime continua ad essere inaccettabile, ma perché l’esperienza di polizia e delle associazioni da tanti anni impegnate su questi temi mostra l’esistenza di un “sommerso” che troppo spesso non si traduce in denuncia. Un quotidiano fatto di attenzioni morbose, di comportamenti aggressivi e intimidatori che vengono letti come espressione di un amore appassionato e di una gelosia innocua, anche da madri, sorelle e amiche, ma che è spesso il triste copione di un crescendo di violenza che si alimenta con l’isolamento.
Oltre alla tutela offerta dalla legge, che va dagli strumenti dell’ammonimento al divieto di avvicinamento fino ai domiciliari e al carcere per i casi più gravi, la battaglia più importante si gioca sul campo della prevenzione in cui la Polizia di Stato è impegnata, non solo nel contribuire attraverso l’informazione al superamento di una mentalità di sopraffazione, ma a fare da sentinella per intercettare prima possibile comportamenti violenti e intimidatori.