Una nota stonata sul pentagramma del Siena Jazz. Il neopresidente del Cda, fresco di nomina con decreto del sindaco Nicoletta Fabio, non può ricoprire tale carica. Ad impedirglielo è in realtà il Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali che vieta, di fatto, ad un ex consigliere comunale come Massimo Mazzini di ricoprire incarichi istituzionali, a maggior ragione in partecipate pubbliche, per 24 mesi. A patto che l’amministrazione comunale, resasi conto dell’errore, a quanto si apprende, non riesca a trovare un cavillo, quella nota che solo i jazzisti sanno suonare, che permetta di interpretare la normativa con quella stessa improvvisazione che ha reso celebre il jazz nel mondo. L’obiettivo sarebbe “trasformare” Mazzini in un presidente senza operatività.
Improvvisazione che possa rimediare all’approssimazione, quella di qualcuno che, negli uffici di palazzo pubblico, non ha accordato gli strumenti.
Non c’è musica per le orecchie del Siena Jazz dopo le dimissioni del presidente Di Cioccio e, a seguire, dell’intero Cda. Bisognerà nuovamente sciogliere il nodo di un nuovo direttore d’orchestra in grado, finalmente, di far suonare quella sinfonia che la storica accademia musicale, ad un passo dal mezzo secolo di storia, merita per il suo passato e per il suo futuro. Potrà essere ancora Mazzini?
“Quando non sai cos’è allora è Jazz”. Parafrasando Alessandro Baricco e il suo celebre Novecento. Per chi fa le nomine, però, meglio sapere. L’improvvisazione resti ai jazzisti, l’approssimazione resti fuori dagli uffici di Palazzo Pubblico.