Non può mai mancare in autunno nelle case dei senesi il “dolce non dolce” per antonomasia che tutti amano e che tutti una volta assaggiato non ne possono fare a meno: il Pan Co’ Santi. La tradizione di questo speciale prodotto che viene preparato da fine settembre alla festa di Ognissanti si perde tra le pagine della storia di Siena. Non c’è pasticcere, fornaio o azienda dolciaria di Siena che non lo produca con i suoi ingredienti semplici e di assoluta qualità.
“Il Pan co’ Santi è un dolce-non dolce perché è un po’ particolare, essendo nato all’inizio del 1800, nel Pan co’ Santi non c’era lo zucchero, perché lo zucchero c’è stato aggiunto negli anni ’60, era praticamente l’impasto è del pane – spiega Fausto Leoncini, pasticcere e titolare de La Fabbrica del Panforte -. All’epoca del 1800 ci voleva un pane arricchito con nutrienti, che io definirei così pane e companatico, perché aggiungendoci l’uvetta e le noci, che sono comunque prodotti di stagione, veniva un prodotto omogeneo e nutriente.
Farina, acqua, olio, noci, uvetta, lievito, strutto o burro, sale, miele, un po’ di zucchero e ovviamente tanto pepe. C’è chi poi lo produce tutto l’anno perché le richieste non scadono, valgono per tutte le stagioni e arrivano anche da fuori dalle mura della città.
“Questo dolce diventa il protagonista di queste giornate, diciamo un po’ a novembre, perché era già proiettato verso novembre. Però vedo tante facce felici e quando le persone aspettano che sia sfornato e portarlo nelle tavole – racconta Lorenzo Rossi, pasticcere de Il Magnifico, la sua emozione ogni volta che sforna i suoi pan co’ santi -. Il più bel pensiero è che poi viene apprezzato un po’ da tutti i senesi, proprio come dolce in generale, perché è uno dei dolci più venduti a Siena, il Pan co’ Santi. Anche se è un dolce di periodo, io sono talmente attaccato a questo dolce che lo ripropongo un po’ tutto l’anno”.
La particolarità del Pan Co’ Santi è che lo troviamo solo qui, tra Siena e i borghi della sua provincia. Una prelibatezza a cui non si può dire di no e per cui vale davvero la regola: un morso tira l’altro.