Il 26 febbraio arriverà l’attesa sentenza del lungo processo sul caso della cessione del marchio del vecchio sodalizio Robur dell’Ac Siena, fallito nel 2015. Oggi si è conclusa la due giorni di discussione tra le parti, col collegio giudicante che ha fissato per il 26 febbraio la data in cui sarà emesso il verdetto che riguarda 5 soggetti, l’ex presidente Mps Giuseppe Mussari, l’ex patron bianconero Massimo Mezzaroma e tre professionisti di banca Mps, che finanziò con 22 milioni, a fronte della garanzia sul marchio valutato 25,1 milioni, l’operazione del marchio nel 2012. Tutti sono accusati di bancarotta fraudolenta, secondo l’accusa l’operazione, reputata dai pm imprudente e senza garanzie, avrebbe provocato ulteriori problemi al bilancio societario considerato già in dissesto negli anni precedenti al crac.
Dopo le richieste dei pubblici ministeri, oggi spazio alle difese degli imputati che sono andate al contrattacco respingendo tutti gli addebbiti formulati. La difesa di Mezzaroma ha assicurato sulla bontà dell’iniziativa, che sarebbe stata valutata e ponderata, e non improvvisata, nell’ottica di sostentare il club e permettergli di restare in A, senza pregiudizio alcuno verso il bilancio che mostrava sì delle tensioni ma non era in dissesto. Per i legali di Mussari invece l’imputazione di bancarotta “non sta in piedi”, e non sarebbe emerso nulla di anomalo circa le presunte ingerenze patrimoniali e sportive dell’ex presidente della banca nel club, “tutte suggestioni” sono state così bollate. Le difese dei tre dirigenti di Mps hanno infine evidenziato la correttezza dell’operazione negando qualsivoglia omissione o leggerezza.