Mister Antonio Conte, attualmente senza squadra dopo la fine dell’esperienza al Tottenham (e chissà che non rientri presto in azione viste le tante panchine traballanti) è stato protagonista oggi, in qualità di testimone, in occasione dell’udienza del processo sul caso della discussa cessione, con l’ausilio di banca Mps, del marchio Ac Siena. Ovvero la vendita del brand, valutato 25 milioni nel 2012, del vecchio sodalizio calcistico senese, fallito nel 2014, che la Procura di Siena considera una sorta di “plusvalenza” per aggiustare un bilancio in forte perdita (70 milioni). A giudizio si trovano, per bancarotta fraudolenta in concorso, l’ex patron del Siena Massimo Mezzaroma e l’ex presidente di Mps Giuseppe Mussari, oltre a tre dirigenti di banca Mps, nel corso dell’istruttoria è stato sentito anche l’ex presidente della Juventus Andrea Agnelli.
Chiamato a testimoniare dal pm Siro De Flammineis dopo numerosi rinvii e impedimenti, Conte si è collegato da remoto con l’aula in videoconferenza dinanzi al collegio presieduto dal giudice Roberto Carrelli Palombi, ed è stato esaminato da pubblica accusa e difese. In particolare l’ex trainer del Siena, poi di Juve, nazionale, Inter e Tottenham, ha ripercorso il suo approdo da Bari a Siena e l’esperienza culminata con la promozione in A, nella stagione 2010-2011, nonchè il passaggio alla Juventus, con cui avrebbe avviato un ciclo plurivittorioso. “L’obiettivo era risalire in A (il club era retrocesso in B alla fine del 2009-2010, ndr) avevamo una buona base, e chiesi giocatori con determinate caratteristiche – ha sottolineato – Siena era una piazza importante e aveva più possibilità delle altre grazie allo sponsor Mps, molto presente sul territorio, il budget era superiore ad altre realtà”.
Le domande del pm hanno cercato di fare luce sui rapporti con la proprietà del club e con lo sponsor Mps: “Massimo Mezzaroma non era molto presente, di più la sorella Valentina. Mussari? Quando mi cercò la Juventus – ha raccontato – ci feci una passeggiata per le vie del centro e lui mi disse che era contento del lavoro fatto e del rapporto, e che mi avrebbe voluto volentieri rinnovare il contratto. Io gli spiegai che per me la Juve era una grande occasione, un salto importante, è la squadra per cui tifavo e per cui avevo giocato”.