Processo presunte torture a Ranza: in aula la direttrice del carcere e la funzionaria che segnalò i fatti al provveditorato

La direttrice del carcere visionò il filmato della videosorveglianza e non lo reputò particolarmente grave, facendo rapporto disciplinare alla funzionaria pedagogica che segnalò i fatti prima al provveditorato che a lei. Da lì rapporti tesi con gli agenti che la rimproveravano di aver fatto uscire la faccenda dalle mura del carcere. La testimonianza della visita di Salvini

Di Redazione | 28 Ottobre 2021 alle 19:43

Processo presunte torture a Ranza: in aula la direttrice del carcere e la funzionaria che segnalò i fatti al provveditorato

E’ ripreso oggi al tribunale di Siena il processo relativo al presunto pestaggio di un detenuto tunisino che sarebbe avvenuto nel carcere di Ranza, a San Gimignano, l’11 ottobre 2018, a seguito di un trasferimento di cella. A giudizio ci sono cinque agenti della Polizia Penitenziaria della casa circondariale, accusati di lesioni aggravate, falso ideologico e torture.

In aula, come testimone, è stato il turno, citata dal pm Valentina Magnini, della direttrice del carcere del tempo, che proprio in quei giorni stava terminando il suo mandato ed era “in missione” solo per due giorni alla settimana. Fra molti “non ricordo”, la direttrice, nel rispondere alle domande di magistrato, parti civili e difese ha relazionato su varie circostanze, tra cui la collocazione del detenuto tunisino in isolamento e i fatti di presunta violenza, spiegando che era normale che molti agenti confluissero sullo stesso posto in caso di eventi critici. La direttrice ha poi raccontato di aver visto, nei giorni successivi al fatto, il filmato delle videocamere di sorveglianza che immortalava la scena, e di aver detto al pm, quando fu interrogata, che non le era parso niente di particolare, anche se per trasparenza trasmise gli atti alla Procura. La direttrice, come emerso dal dibattimento, fece inoltre un rapporto disciplinare alla coordinatrice delle funzionarie pedagogiche, poichè questi una volta informata dei fatti, chiamò direttamente il provveditorato e non prima lei.

La stessa funzionaria è stata ascoltata poco dopo, spiegando che non appena le furono riportati da una collega i racconti dei detenuti che assistettero al presunto pestaggio, si rivolse al provveditorato e non alla direttrice, non sapendo come rintracciarla e sicura che non le avrebbe dato ascolto. La segnalazione di quanto accaduto, come riportato dalla testimone, rese più complicati i rapporti tra le funzionarie e la polizia penitenziaria, tanto che in un caso la donna fu oggetto, come da lei raccontato dinanzi al giudice, di una grave minaccia e di rimprovero per aver fatto uscire la faccenda dalle mura del carcere. 

La testimonianza della funzionaria infine ha riguardato la visita di Matteo Salvini a Ranza del settembre 2019: il leader leghista commentò con alcuni degli agenti accusati il video, dal quale secondo i presenti non si vedeva granchè; in quel contesto i poliziotti parlarono di “persecuzione nei loro confronti”.

C.C



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