E’ proseguito oggi al tribunale di Siena il processo che vede protagonisti 5 agenti della Polizia Penitenziaria del carcere di Ranza a San Gimignano, accusati di lesioni, torture e falso ideologico in relazione al presunto pestaggio di un detenuto tunisino nell’ottobre del 2018, nel corso di un trasferimento di cella. Un’udienza fiume, iniziata di prima mattina con l’ascolto di una delle dottoresse del carcere in servizio in quel periodo, che visitò i detenuti l’indomani i fatti contestati. Sui successivi referti medici prodotti è nata la contestazione della difesa dei secondini, che ha documentato la presenza di certificati doppi con diversi orari e contenuti, reputati non validi. “La dottoressa – ha detto il legale di 4 dei 5 agenti, Manfredi Biotti – non li ha visitati, ma solo visti, e tre certificati dove si riporta di alcune lesioni risultano doppi”.
Successivamente è stato esaminato e contro-esaminato un altro detenuto testimone oculare della presunta aggressione, da 18 anni recluso e in quell’ottobre in isolamento nella sezione di media sicurezza. L’uomo, accompagnato dalle guardie carcerarie di fronte al giudice, ha confermato di aver udito rumori di calci e pugni e di aver visto dalla cella il tunisino a terra urlare in modo straziante, e per questo ha chiesto a gran voce agli agenti di fermarsi. Per tutta risposta avrebbe ricevuto da uno di loro un pugno in fronte che gli ha provocato un trauma cranico. “Dopo avevo paura che venissero a prendere anche me, ebbi una crisi di nervi” ha riferito. Il detenuto non ha avuto difficoltà a riconoscere in aula alcuni degli agenti imputati presenti e coinvolti nei fatti oggetti del processo, sia visivamente che attraverso le immagini di alcuni frame dei video delle telecamere, messe a disposizione dal pubblico ministero Valentina Magnini. “Lui comandava le operazioni, l’altro mi disse che ero un infame, lui invece mi colpì” ha esclamato durante la ricognizione. Il processo riprenderà ad inizio dicembre.
C.C