Dati impietosi: i Comuni aumentano tasse e spesa corrente, dimezzando gli investimenti. Lieve inversione di tendenza a partire dal 2016
Le entrate fiscali locali sono cresciute in 8 anni del 113 per cento. La spesa corrente dei Comuni è aumentata del 17 per cento, quella per gli investimenti è calata del 47 per cento. Sono i dati più rilevanti e impietosi ricostruiti da “Il quadro della fiscalità locale nei Comuni della provincia di Siena”, il Rapporto elaborato dal Centro Studi Sintesi/Cgia di Mestre per Rete Imprese Italia di Siena, e presentato oggi nel capoluogo senese. Il coordinamento locale delle associazioni del commercio turismo e terziario (Confartigianato, Confcommercio, Cna e Confesercenti) ha voluto offrire con questo uno strumento di confronto attendibile e approfondito, a 4 anni dal primo Rapporto realizzato in proposito. Ne emerge una pesante conferma per le percezioni più volte denunciate in questi anni: il drastico taglio dei trasferimenti dallo Stato centrale ha indotto la gran parte delle amministrazioni locali ad azzerare gli interventi di stimolo per l’economia locale, ed il congelamento agli aumenti di aliquota emerso nel 2016 ha solo in parte mitigato l’insostenibile peso della pressione fiscale.
Il contesto: più Sindaci, meno Stato centrale, più tributi. Quelli considerati sono stati anni caratterizzati dal forte incremento della responsabilità fiscale in capo ai Sindaci, e per contro da una significativa ritirata dello Stato nell’erogazione dei trasferimenti, obiettivi di bilancio molto stringenti ed una continua incertezza del quadro normativo. Così, tra il 2009 e il 2017 il dimezzamento dei trasferimenti (-53%) è coinciso con un effetto contrario di entità più che doppia sulle entrate tributarie dei Comuni della provincia di Siena (+113%), un salasso record ricaduto soprattutto sulle imprese. Negli ultimi 4 anni la parziale inversione di tendenza, con il leggero calo delle entrate tributarie (-10%) tra il 2013 e il 2017 riconducibile all’abolizione della TASI sulla prima casa e allo stop agli incrementi delle aliquote locali: un blocco che ha tenuto fuori la TARI, cresciuta infatti ulteriormente (+11% rispetto al 2013). Tutto questo mentre la pressione fiscale nazionale non diminuisce (42,6% del Pil nel 2017) e si conferma tra le più elevate in Europa.
Più spesa corrente, meno in conto capitale. Negli 8 anni considerati, nei Comuni della provincia di Siena le spese correnti sono aumentate del +17%, mentre gli investimenti (vale a dire le spese in conto capitale), subivano una flessione pari al -47% tra il 2009 e il 2017, con evidenti effetti negativi per le imprese e l’economia locale in genere. Una certa ripresa si è registrata negli ultimi 4 anni (+42%), ma in misura non sufficiente a recuperare quanto perso. La conferma di questo fenomeno si ottiene scomponendo i bilanci dei Comuni senesi, dove il peso degli investimenti è sceso dal 34 al 19 per cento, con la punta minima del 14 % toccata nel 2013; in parallelo, la spesa corrente è salita dal 52 al 69 per cento, per poi assestarsi al 65 per cento nel 2017. E’ questo anche il periodo in cui il peso delle entrate tributarie locali è più che raddoppiato: dal 19 al 42 per cento, con il picco del 48 per cento a metà periodo. Lo stop ai ritocchi di aliquota e l’abolizione dell’Imu prima casa hanno attutito il fenomeno dal 2016: ciononostante, la somma delle aliquote medie IMU + TASI arriva al 9,67 per mille. Nel frattempo, per il 2017 13 dei 35 Comuni senesi hanno adottato l’aliquota Irpef massima (0,8 per cento), mentre solo 3 hanno rinunciato ad applicarla.
Visto dalla imprese: dalla crescita certa dei costi all’incertezza delle promesse. “In questi anni i Comuni hanno fatto ricorso agli aumenti per compensare i tagli ai trasferimenti di risorse, e nel frattempo nessun Governo ha realmente ridotto la pressione fiscale. L’effetto è il peggiore che potevamo aspettarci – osserva Mario Cerri, Presidente di turno Rete Imprese Italia – aumentano i costi a carico dei contribuenti, senza neppure poterci consolare con la maggior efficienza dei servizi. Poco o nulla si è fatto sul fronte della spesa pubblica mentre ora assistiamo, soprattutto in questo periodo, alla proliferazione delle ‘promesse impossibili’, sulle quali sussistono forti dubbi di attendibilità. Ad ora l’unica certezza è che Le politiche di austerità, di sacrifici, di tagli alla fine sono ricadute come sempre sull’anello debole della catena, quello dei contribuenti e tra questi sulle imprese sempre più affogate da adempimenti, balzelli, costi indotti e mancate opportunità di crescita”.