È iniziata oggi la due giorni di mobilitazione a Siena da parte dei ricercatori, assegnisti, dottorandi universitari e personale tecnico-amministrativo che subiscono sulla propria pelle la piaga del precariato in occasione della Giornata di Mobilitazione Nazionale delle assemblee precarie dell’Università. Al centro del programma di iniziative questo pomeriggio è stato organizzato un interessante momento di confronto con la cittadinanza dal titolo “Anti-Closing Day” presso la Corte del Rettorato dell’Università di Siena.
“Proprio oggi a Siena, stamattina presso UniStraSi e questo pomeriggio nel Palazzo del Rettorato, abbiamo dato ampia disponibilità a rendere evidente questa situazione di disagio – spiega il Rettore UniSi Roberto Di Pietra -. Speriamo che si risolva presto con una serie di interventi normativi che ci consentano di ripartire con il reclutamento dei più giovani. E quindi è bene sottolineare e enfatizzare questo tipo di situazione”.
Una vetrina simbolica su ciò che l’Università Pubblica rischia di perdere con i tagli al settore universitario previsti dalla riforma. Un grido di allarme che segnala il progressivo smantellamento dell’istruzione accademica pubblica e della Ricerca.
“I punti partono dalla necessità di ampliare il Fondo di finanziamento ordinario – afferma Carola Borys, assegnista di ricerca precaria UniSi -, che vede una riduzione drastica nei prossimi anni. In seguito a questa espansione della bolla del PNRR, che ha aumentato in modo irresponsabile il numero di precari in università. Ormai metà del personale universitario è composto da precari. L’Università si regge sul lavoro dei precari che molto spesso non hanno alcun diritto malattia maternità. In questo momento l’unica soluzione che è stata sbloccata da parte del Ministero è il contratto di ricerca, che era rimasto sopito finché, a seguito alle mobilitazioni, non è stato sbloccato. Ma i fondi sono insufficienti perché è un contratto di tipo subordinato e che quindi costa rispetto agli assegni. Cosa si farà con tutti gli altri precari che lavorano in università? Saranno ridotti al rango di borsisti? Ma cosa succederà se non si sbloccano i fondi? Queste sono la nostre domande e noi pretendiamo il finanziamento ordinario. Noi pretendiamo che venga abolita questa ossessione della valutazione dell’eccellenza che crea delle diseguaglianze territoriali. Questo è un punto comune di tutte le assemblee nazionali”.