Risse e violenze a Siena, Grassini: "Montanari si rifugia nella solita sinfonia del noi colpevoli, loro vittime"

Grassini di Forza Italia replica al rettore Unistrasi: "Qui serve il codice penale, con mano ferma e senza scuse"

Di Redazione | 15 Aprile 2025 alle 22:00

Risse e violenze a Siena, Grassini: "Montanari si rifugia nella solita sinfonia del noi colpevoli, loro vittime"

Lorenzo Grassini, di Forza Italia, risponde alle parole del Rettore UniStraSi Montanari, che aveva commentato così le recenti vicende di cronaca che hanno interessato la città di Siena.

“Il rettore Montanari, con la consueta aria da sacerdote dell’intellighenzia progressista, ci spiega che “la violenza è solo un sintomo” e che “serve inclusione, giustizia e integrazione.” – dichiara – parole che galleggiano a mezz’aria come incenso in una sagrestia vuota. Peccato che qui non siamo a un seminario universitario, ma a Siena. E nelle sere d’aprile le risse non sono seminari culturali, ma coltellate vere”.

“Perché sì, è vero: chi si picchia in centro, chi sfida i carabinieri e si crede intoccabile non è un migrante appena sbarcato. Sono italiani. Figli della seconda generazione – ancora Grassini – nati qui, cresciuti qui, scolarizzati qui. Ma con la voglia matta di non essere come noi. Non parlano l’italiano, se non a singhiozzo, ma sventolano lingue madri di paesi che non hanno mai visto. Si aggrappano a un’identità etnica caricaturale, come se fosse un pass VIP per l’impunità”.

“E mentre la città si sveglia spaventata, Montanari si rifugia nella solita sinfonia del “noi colpevoli, loro vittime” – punge Grassini – L’egemonia del buonismo ci chiede di compatire anche chi mena. Di capirlo. Di offrirgli un laboratorio teatrale, magari, per esprimere il disagio. Un disagio che però sembra avere sempre la stessa direzione: pugni in faccia a chi porta una divisa e calci in testa al vivere civile. Ma chi ha dato tutto a questi ragazzi? Lo Stato. Chi li ha ospitati nei quartieri, li ha mandati a scuola, li ha curati e istruiti? Sempre lo Stato. E oggi, quel che riceve in cambio, è un corteo di bande etniche che marciano per sfida e non per bisogno”.

“Qui non serve più il dizionario del garantismo a senso unico. Qui serve il codice penale. Con mano ferma e senza scuse – prosegue Grassini -le forze dell’ordine stanno facendo un lavoro che definire eroico è poco. Ma se ogni arresto si trasforma in una liberazione lampo e ogni denuncia in carta straccia, allora è tutto inutile. Serve rigore. Serve giustizia. Ma giustizia vera, non quella che gira col guinzaglio del sociologo al collo”.

“Montanari ci parla di sintomi – afferma Grassini – ma continua a ignorare la malattia: una parte di questi ragazzi – italiani, sì, ma solo all’anagrafe – odia le regole del Paese che li ha cresciuti. E finché li giustifichiamo, li coccoliamo, li deresponsabilizziamo, il messaggio è chiaro: puoi spaccare una città, e se ti va male, al massimo finisci a fare uno stage. Siena non merita questo. L’Italia non lo tollera più. È tempo che qualcuno lo dica, senza temere il giudizio dei salotti. E se non lo fanno i professori, lo faremo noi. Con parole chiare, e senza paura di sembrare scorretti. Perché quando il decoro scompare, l’impertinenza diventa dovere civico”.

Conclude: “A chi poi si è affrettato a contestarmi di “non essere senese”, ricordo con fierezza che sono nato e cresciuto a Colle di Val d’Elsa, e che da anni vivo buona parte della mia vita all’estero. Ma oggi Siena è la mia casa. Qui vivono mia moglie e mio figlio. Qui ha studiato mio figlio. Qui lavora mia moglie. Io Siena non l’ho avuta per diritto di nascita, ma per scelta di vita. E si sa: ciò che si sceglie, lo si ama con più coscienza di ciò che semplicemente ci tocca in sorte. Io non sono senese di sangue. Ma lo sono di volontà. E, in questo momento storico, forse è proprio questa volontà consapevole – e amorosa – a mancare a troppa gente”.



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