Lazzeroni: “Farò ricorso in appello”. Anselmi: “Patteggiamento è stata una scelta dolorosa”
Arrivano le prime reazioni alle sentenze del processo Time Out sul fallimento della Monte dei Paschi di Siena. Il gup Malavasi ha emesso i suoi verdetti riguardanti i riti abbreviati, condannando a 3 anni Olga Finetti (80mila euro di confische), Jacopo Menghetti a 2 anni (900 mila euro di confisca), Cesare Lazzeroni a 1 anno e 4 mesi (4 milioni di confisca), Nicola Lombardini a 3 anni (3 milioni di confisca) e Stefano Sammarini a 4 anni e 8 mesi (2,5 milioni) con inabilitazione per 10 anni a ruoli d’azienda. Particolarmente pesante la situazione dell’ex presidente Lazzeroni, che ha rilasciato un commento ufficiale annunciando il ricorso:
“Dai resoconti dell’udienza del 25 gennaio davanti al Tribunale di Siena per la vicenda della Mens Sana Basket – si legge in una nota – diffusi dai mezzi di comunicazione, non si riesce a comprendere il grado delle singole responsabilità dei protagonisti, nettamente differenziate. Per quanto mi riguarda ero accusato di bancarotta patrimoniale, bancarotta documentale, falso in bilancio ed infedele dichiarazione iva: per i primi due capi di imputazione sono stato assolto per non aver commesso il fatto e per il terzo perché il fatto non sussiste. In merito alla infedele dichiarazione iva c’è da osservare che quella da me sottoscritta si basa su elementi contabili relativi all’anno 2012 – ancora Lazzeroni – ed io sono diventato presidente della società il 29 dicembre, quando le relative operazioni finanziarie erano già concretizzate e contabilizzate. Per quest’ultimo punto intendo fare ricorso alla Corte di appello, una volta presa visione delle motivazioni della sentenza”.
Chi tira un sospiro di sollievo invece è l’ex ad Luca Anselmi, per il quale è stato accettato il patteggiamento a 2 anni (pena sospesa e nessuna pena accessoria): “La decisione di valutare la possibilità di un patteggiamento è stata molto sofferta – riferiscono i suoi legali Enrico e Lorenzo De Martino – in quanto il nostro assistito ha sempre rivendicato con forza l’assoluta estraneità da qualsiasi contestazione di natura penale, certo della bontà del suo operato. Si è trattato dunque di una scelta motivata unicamente dalla necessità di sterilizzare quanto più possibile i rischi derivanti da un procedimento molto complesso, anche alla luce delle numerose e articolate imputazioni. Anselmi è dirigente di un’importante società e ci premeva salvaguardare anzitutto la sua attività lavorativa: non a caso l’istanza di patteggiamento è sempre stata subordinata alla concessione della sospensione condizionale della penale e alla non applicazione di eventuali sanzioni accessorie di inabilitazione o interdittive”.