Riavvolgiamo il nastro: un anno fa, di questi tempi, Emiliano Montanari stava per concludere l’acquisto del Siena Calcio. La trattativa, con la holding armena, era stata lunga, frammentata ed ermetica. Non si sapevano le cifre, i motivi dei vari intoppi e gli interessi che stavano portando a Siena l’ingegnere della Global Service. Ad un anno di distanza tutti i dubbi di quel periodo non sono stati chiariti e sono diventati le fondamenta pericolanti dell’Acr Siena.
Durante la stagione è poi successo tutto il contrario di tutto ma una costante c’è stata: la completa opacità delle scelte societarie. Anche in questo triste post-campionato è evidente la volontà di chi siede nella stanza dei bottoni di lasciare che il silenzio ad oltranza sfinisca la piazza senese, già disillusa dalle ultime e traumatiche esperienze. Le poche notizie a tema Siena Calcio hanno tutte un tratto in comune: i ricorsi. Ricorsi per la penalizzazione, ricorsi per lo stadio e ricorsi dei ricorsi. Queste battaglie legali rappresentano lo scenario peggiore per il Siena.
Con solo due settimane di tempo per saldare i debiti e iscrivere la squadra al campionato la ‘naturale’, seppur triste, conseguenza sarebbe quella di dichiarare il fallimento sportivo e lasciare che il Sindaco scelga il progetto migliore per il futuro. L’atteggiamento di Montanari, però, sta lentamente portando la Robur verso una deriva da evitare, cioè trasformare la vicenda in un’infinita battaglia legale. Pochi anni fa il Chievo Verona provò a salvarsi da una fine già segnata: il risultato sono stati 27 giudizi e 1 anno e mezzo di tempo passato nelle aule dei tribunali invece che sul campo, per poi affidare il tutto al curatore fallimentare che proprio in questo periodo sta vendendo all’asta i beni sequestrati.
Il tempo per l’Acr Siena è, per usare un eufemismo, poco. Aspettarsi miracoli o addirittura trasparenza sarebbe sbagliato, il che è umano. Ma perseverare con l’agonia è davvero diabolico.
Filippo Meiattini