“Da giorni continuiamo a leggere sui giornali l’invocazione da politici e sindaci alla nomina di Commissari (modello Ponte Morandi) per portare a termine la Grosseto-Fano. Crediamo che affermare la necessità di ricorrere ad escamotage e deroghe per portare a termine delle opere mostra evidentemente l’idea che per velocizzare, snellire le procedure, in questo Paese si debba passare dal sospendere le norme. Tra l’altro i motivi dei ritardi della stessa Grosseto-Fano sono ben noti a tutti, dalla capacità prima di progettazione e poi di intervento in opera”. Lo sostiene il sindacato Fillea Cgil, in merito ai lavori sulla Siena-Grosseto.
“Lo abbiamo ripetuto più volte che il modello Genova non è replicabile, che il Codice Appalti ha già in sé tutte le procedure necessarie di semplificazione e accelerazione. In un Paese in cui la dimensione d’impresa è molto più bassa della media Europea, mentre il tasso di illegalità e lavoro nero è il più alto, dove si riscontrano fenomeni di infiltrazioni malavitose e caporalato (e i fatti di questi giorni dimostrano come la Toscana non ne sia immune), bisogna tenere alta la guardia soprattutto da parte della politica”.
“Sul concetto di sburocratizzazione occorre stare attenti: non sempre è sinonimo di velocizzazione, si rischia al contrario di ridurre la trasparenza nel mercato degli appalti, disincentivare la qualificazione d’impresa, colpire i diritti dei lavoratori. Tutti i dati ci confermano che, passato un primo periodo di ‘rodaggio’, il Codice degli Appalti ha iniziato a funzionare con l’aumento delle progettazioni e delle cantierizzazioni. Vogliamo parlarci chiaro: il principale collo di bottiglia risiede in stazioni appaltanti pubbliche non informatizzate, con banche dati non interoperabili, troppe per numero e con troppi pochi tecnici e progettisti, come dimostrano i numeri, per esempio, del Provveditorato inter-regionale per le opere pubbliche in Toscana”.
“Se poi si vogliono introdurre termini più stringenti per il silenzio assenso, si vogliono introdurre figure di coordinamento e facilitazione come nel caso, per esempio, della Napoli-Bari, siamo ovviamente pronti a discuterne, ma chi chiede l’applicazione della ricetta ‘modello Genova’ forse non sa che si tratta di un’opera precisa (la ricostruzione di un viadotto attraverso un premontato metallico), in cui vi hanno operato due grandi aziende (di cui una con capitale pubblico e una di proprietà statale), in cui la fase di progettazione è stata ridotta perché il progetto è stato donato da Renzo Piano, in cui non vi erano tetti di spesa (tanto è che l’opera è costata il 30% in più dei costi standard) e in cui c’è stato bisogno di molti accordi sindacali per recuperare aspetti del Codice Appalti inizialmente non previsti”.