Siena, la piaga del caporalato trova terreno fertile in agricoltura. La Prefetta Pirrera: "Alcuni provengono da un Cas del territorio"

La schiavitù sotto i nostri occhi attraverso "Sfruttati" il nuovo libro di Fabio Berti sul caporalato in Toscana.

Di Simona Sassetti | 5 Novembre 2024 alle 13:30

Prima si chiamavano schiavi. Oggi si possono definire lavoratori sfruttati sotto ai nostri occhi, come lo erano in passato i servi. Sfrutatti da chi? Da aziende contoterziste, dette aziende senza terra che procurano forza lavoro. Enti formalmente costituiti dove il rischio caporalato mascherato è altissimo. Il sistema del contoterzismo nasce, infatti, dalle esigenze delle aziende di avere manodopera flessibile e non qualificata per lavori stagionali. Per questo i lavoratori più appetibili per i contoterzisti sono gli stranieri, ormai un anello indispensabile dell’agricoltura, sia persone con un permesso di lavoro o di protezione umanitaria sia residenti stabili e ultimamente anche richiedenti asilo, la categoria più debole, ovvero coloro che sono maggiormente spinti ad accettare il lavoro “grigio” e sfruttato. È questo quello che emerge dal nuovo libro “Sfruttati, immigrazione, agricoltura e nuove forme di caporalato in Toscana” a cura di Fabio Berti in collaborazione Chiara Davoli, Riccardo Franchini, Caterina Guidi e Andrea Valzania. “Il tema del caporalato in agricoltura è diffuso anche in Toscana e a Siena – afferma, infatti, Berti -. Queste pratiche diventate sistemiche e strutturali coinvolgono anche richiedenti asilo a due mesi dalla presentazione della domanda, che lavorano con condizioni di forte fragilità e vulnerabilità. Prevalentemente africani, pakistani, bengalesi, indiani. Il lavoro che abbiamo fatto ha come obiettivo quello di sollecitare misure locali di controllo e contrasto al tema del caporalato e dello sfruttamento”.

Anche per questo la presentazione del volume ha visto la presenza del Prefetto Matilde Pirrera . “Siamo a conoscenza di molti dati in più rispetto a quelli emersi in questi studi e siamo disposibili a mettere a disposizione tutti nosti dati aggiuntivi. Sappiamo con precisione quanti di questi arrivano dagli sbarchi, quanti dalla rotta balcanica, se arrivano con i nuclei familiari, se hanno bambini al seguito, che tipo di contratto di lavoro stipulano e in quale settore lavorano – sottolinea Pirrera -. A volte in intermittenza, altre volte in agricoltura, pochissime in edilizia, alcuni nelle manutenzioni. In base alla nostra esperienza i controlli sono più efficaci nell’edilizia e nelle manutenzioni. Spesso, inoltre, i nostri migranti vanno a lavorare a Grosseto e viceversa, i migranti di Grosseto arrivano nelle nostre campagne. Nell’agricoltura i controlli effettuati dallle forze del’ordine non danno i risultati sperati, ad esempio noi abbiamo trovato sette lavoratori in nero in un Cas della provincia. Anche chi ha un’accoglienza e una forma di tutela non rifugge dall’esporsi a dei rischi gravissimi legati al caporalato. Dobbiamo quindi rompere la catena di dipendenza con questi soggetti che sfruttano i migranti. Noi proporremo una modifica legislativa, anche in agricoltura.  Indispensabile è, infatti, la notifica preventiva – spiega Pirrera-, in quanto bisogna sapere chi lavora e dove lavora. Ed è importante che i datori di lavoro e le associazioni di categoria non minimizzino il problema del caporalato, ma anzi si facciano parte diligente”.

Ad oggi, infatti nessuna etichetta garantisce al consumatore che dietro ad una bottiglia di Chianti o di Brunello non ci sia stato lavoro nero o sfruttamento. E questa comunicazione farebbe la differenza per il Prefetto Pirrera, perchè quando parliamo di lavoro nero parliamo di persone, di uomini tra i 20 e i 40 anni, africani, pakistani, bengalesi, indiani prelevati ogni mattina, a volte con ore di viaggio per raggiungere il terreno assegnato, con ritmi di lavoro massacranti e con punizioni esemplari, come di non lavorare più, se non viene portato a termine il compito nel tempo pattuito. “C’è irregolarità nelle campagne senesi sia per la raccolta uva e che per la raccolta olive. Su 150 aziende visitate il 50% di queste ha presentato irregolarità lavoristiche, come nero e orari di lavoro non in linea con quanto previsto nei contratti. Mentre su salute e sicurezza il 90% delle aziende ha presentato irregolarità, ovvero lavoratori senza visita medica e mancanza di formazione obbligatoria – spiega Maria Francesca Santoli, direttore dell’Ispettorato territoriale del lavoro di Siena e Grosseto -. Siena vive di agricoltura e si avvale di aziende controterziste che procurano braccianti agricoli scarsamente qualificati e non formati”.

Simona Sassetti

Nasce a Siena nel 1991, lavora a Siena Tv dal 2016. Ha scritto prima sul Corriere di Siena, poi su La Nazione. Va pazza per i cantanti indie, gli Alt-J, poi Guccini, Battiato, gli hamburger vegani, le verdure in pinzimonio. È allergica ai maschilismi casuali. Le diverte la politica e parlarne. Ama il volley. Nel 2004 ha vinto uno di quei premi giornalistici sezione giovani e nel 2011 ha deciso di diventarlo



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