Mentre in Italia una mensa universitaria su due non contempla secondi a base vegetale e soltanto il 20% delle strutture li propone 1-2 volte a settimana, la mensa Sant’Agata si attesta sul podio delle mense più virtuose del Paese. È quanto emerge dal report Mense per il Clima – Ranking della ristorazione universitaria diffuso oggi dall’associazione Essere Animali, che con il suo progetto MenoPerPiù supporta aziende e università nel percorso verso una pausa pranzo di qualità, nutriente e sostenibile. Il report analizza i menù delle mense universitarie italiane con lo scopo di mappare gli istituti che mettono a disposizione una maggiore offerta vegetale, erogando un servizio di ristorazione più trasparente, inclusivo e sostenibile. La Toscana è la regione che guida la classifica delle mense più all’avanguardia in Italia: è qui che si trova la metà delle mense più virtuose del Paese. A fine 2022, l’ente per il Diritto allo Studio Universitario della regione (DSU) ha intrapreso un percorso per ridurre l’impatto ambientale del proprio servizio, aumentando l’offerta di piatti vegetali. Non sorprende quindi che il podio delle mense che più si impegnano nella trasformazione in chiave sostenibile del proprio servizio di ristorazione sia tutto toscano: le prime due si trovano a Pisa, rispettivamente nel campus Praticelli e a Le Piagge, al terzo posto si attesta proprio l’Università di Siena con Sant’Agata. Seguono poi Roma (Università Campus Bio-Medico), il polo di Sesto Fiorentino dell’Università di Firenze, Cagliari, Bolzano, Siena (polo San Miniato), Bologna (Irnerio), ancora Firenze con Calamandrei e Caponnetto, Trieste (San Giovanni e Portovecchio) e infine Cosenza. Nelle mense a gestione diretta del DSU di Firenze, Pisa e Siena si registra una ricca offerta di primi e di secondi vegani.
Nelle settimane prese in analisi nel report vengono presentati piatti elaborati come il tortino di lenticchie e verdure, il gulasch di ceci e verdure, il tortino di ceci e porri, lo sformato vegetale di cavolfiore alla salvia, le cotolette di ceci, l’hummus con crostini, lo spezzatino di soia ai funghi, l’insalata di tofu e noci e le polpette di lenticchie.
Grazie al supporto del gruppo di ricerca Demetra, lo studio ha inoltre calcolato l’impatto di una serie di piatti tipicamente serviti nelle mense universitarie. Come confermato dalle analisi, le portate a base di carne sono quelle che emettono più gas climalteranti, al punto che i costi ambientali di un secondo di carne o pesce sono tra le quattro e le 10 volte superiori a quelli di un secondo a base di legumi. La consapevolezza dell’impatto dei sistemi alimentari sul Pianeta è sempre più diffusa, anche in Italia. Come confermato dai dati, il 26% della popolazione italiana sta eliminando o riducendo il consumo di carne per ragioni che riguardano la crisi climatica, 1,4 milioni di italiani e italiane hanno scelto un’alimentazione vegana, mentre l’88% fa scelte sostenibili quando acquista prodotti alimentari e bevande.
«Con un bacino di utenza di 2 milioni di persone tra studenti, docenti, personale di ricerca, tecnico e amministrativo – afferma Valentina Taglietti, Food Policy Specialist a Essere Animali -, le mense universitarie possono davvero fare la differenza per ridurre l’impatto che il cibo che consumiamo ogni giorno ha sull’ambiente. Quello che questo report dimostra è che una transizione della ristorazione collettiva universitaria in chiave vegetale non è solo conveniente ma anche possibile, come sta già succedendo in tutta Europa e ora anche in diverse realtà pioniere in Italia. Auspichiamo che questo report diventi uno strumento per gli enti per il diritto allo studio e tutti gli attori coinvolti desiderosi di intraprendere la strada verso un cambiamento attento all’ambiente e alla salute di tutte e tutti».