Dopo due anni di chiusura, dovuta all’emergenza da Covid 19 e alla presenza di un cantiere di restauro che ha imposto la messa in sicurezza degli ambienti che ospitano le collezioni, riapre al pubblico il Museo Archeologico Nazionale all’interno del complesso museale del Santa Maria della Scala.
Il museo, di recente assegnato come competenza ministeriale alla Pinacoteca Nazionale di Siena, divenuta museo autonomo, è allestito da marzo 2001 negli ambienti del Santa Maria della Scala ubicati ai livelli inferiori del complesso e si snoda parallelamente al percorso della strada interna, in una serie di ambienti caratterizzati dall’alternanza di cunicoli scavati nell’arenaria e ampi spazi costruiti in mattoni, come il vano noto come ‘cantinone’, identificabile con il ‘celliere grande’ dell’ospedale medievale.
“Una riapertura che comporterà una possibilità nella diversificazione dell’offerta turistica e culturale e che potrà misurarsi da subito con i flussi di questo periodo – ha spiegato il sindaco di Siena Luigi De Mossi – questi spazi di immenso valore storico vengono restituiti alla città grazie ad un vero lavoro di squadra, Comune , Fondazione Santa Maria della Scala e Pinacoteca Nazionale, che nella persona del suo direttore, Alex Hemery, ha dimostrato da subito un grande attaccamento a questo museo e a tutto il complesso del Santa Maria.”
“Insieme a Sigerico riapriamo oggi anche la caffetteria del Santa Maria – ha aggiunto il sindaco De Mossi – un’altra occasione per turisti e senesi di godersi il museo con un piacevole momento di pausa. Uno spazio aperto a disposizione della città che ha l’ambizione di divenire punto di ritrovo per i senesi”.
La storia del Museo Archeologico Nazionale affonda le proprie radici negli anni a cavallo tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, in seno a quelle istituzioni che, per vicende diverse, avevano visto il formarsi di nuclei di antichità. Alla costituzione di un nuovo museo archeologico lavora negli anni Venti del Novecento il giovane Ranuccio Bianchi Bandinelli, che dopo la tesi di laurea, opera catalogando il materiale archeologico, allora noto, presente in città. Il primo allestimento prende forma nei locali di via della Sapienza dove tra 1931 e 1933 vengono organizzati i materiali archeologici provenienti dall’Accademia dei Fisiocritici (rinvenimenti da città e la collezione Mieli, donata al Comune di Siena dal cavalier Leone Mieli nel 1882) e l’importante collezione Bargagli di Sarteano, lasciata in eredità allo Stato da Piero Bargagli e trasferita a Siena ad agosto 1931 per essere allestita nel museo senese in formazione. Tra 1933 e 1934, con l’aggiunta di alcuni materiali archeologici trasferiti da Firenze e della stele romana da S. Rocco a Pilli, vicino a Siena, il museo ha presa forma. L’istituzione del regio museo archeologico data ad alcuni anni dopo, al 7 ottobre 1941.
Il patrimonio archeologico è incrementato anche negli anni successivi: nel febbraio del 1951 viene donata allo Stato la collezione di Bonaventura Chigi Zondadari perché sia esposta nel museo senese; due anni dopo è acquisita la collezione di Emilio Bonci Casuccini, preziosa documentazione dell’archeologia chiusina. Nella seconda metà del Novecento il museo si accresce infine grazie a rinvenimenti fortuiti dal territorio e agli scavi condotti dall’allora Soprintendenza. Alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso data il trasferimento del museo dagli storici locali della Sapienza ed il suo arrivo all’interno del Santa Maria della Scala: qui, infatti, va ad occupare i locali dell’antico pellegrinaio delle donne e della limitrofa ‘sala stretta’. Agli inizi del nuovo millennio data l’ultimo trasferimento: al Museo Archeologico Nazionale è infatti è destinata la parte degli ambienti posti al livello più basso del Santa Maria della Scala, appena recuperata.
Il museo archeologico senese documenta, con la sua storia quasi centenaria, il nascere di una moderna archeologia del territorio e la memoria di uno straordinario spaccato di storia dell’archeologia che procede dal collezionismo antiquario di Sette-Ottocento, passa attraverso la formazione di nuclei collezionistici familiari e si conclude con le scoperte fortuite e frutto di campagne di scavo nel territorio. Di ciò rimane traccia nel percorso espositivo, che da un lato propone un itinerario topografico attraverso le evidenze archeologiche di Siena e del suo territorio, inteso come comprensorio che gravita tra l’area chiusina a sud-est e quella volterrana a nord-ovest, e dall’altro mantiene nella loro integrità storica i nuclei collezionistici confluiti nel museo.