Spedizione Italiana in Antartide, in partenza ricercatori dell'Università di Siena

Di Redazione | 19 Ottobre 2017 alle 12:20

Spedizione Italiana in Antartide, in partenza ricercatori dell'Università di Siena

Tre progetti dell’Università di Siena in Antartide

La XXXIII Spedizione Italiana in Antartide vedrà protagonisti anche i ricercatori dell’Università di Siena con tre diversi progetti.

 PenguinERA-Ecologia, Riproduzione e Adattamento di una specie sentinella per i cambiamenti climatici

Questo progetto biennale prosegue una importante ricerca dell’Università di Siena che studia principalmente l’ecologia del pinguino di Adelia, una specie sentinella per il cambiamento climatico. I risultati attesi potranno migliorare l’attuale comprensione del ruolo ecologico di specie come il pinguino di Adelia, attraverso lo studio della loro distribuzione e del comportamento in relazione alla qualità dell’habitat, alla dimensioni delle colonie, e all’evoluzione e adattamento ai processi ecologici anche in relazione ai cambiamenti climatici in corso. Il progetto di ricerca è nato grazie alla stretta collaborazione tra ecologi, zoologi ed ecotossicologi del Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente, del Dipartimento di Scienze della Vita, e in collaborazione con il Museo Nazionale dell’Antartide Sede di Siena. I ricercatori coordinati da Silvia Olmastroni, Francesco Ferretti e Ilaria Corsi utilizzeranno un approccio multidisciplinare innovativo per valutare alcuni aspetti chiave delle risposte bioecologiche e dei parametri genetici della specie di studio. La raccolta dei dati sul campo si svolgerà tra novembre 2017 e Febbraio 2018. Silvia Olmastroni, Lucia Burrini e Niccolò Fattorini lavoreranno nelle colonie di pinguino nei pressi della Stazione Italiana Mario Zucchelli, la prima delle due basi italiane in Antartide, attiva da più 30 anni.

 Studio delle risposte evolutive di panartropodi antartici al riscaldamento climatico mediante approcci trascrittomici e epigenetici

Un numero limitato di specie di acari e collemboli svolge il proprio ciclo vitale nell’ecosistema terrestre del continente antartico. Questi artropodi hanno una lunga storia evolutiva alle spalle, che è indissolubilmente legata a quella del grande continente ghiacciato. L’Antartide, fino ad 85 milioni di anni fa, faceva parte del grande super continente Gondwana, ed ospitava numerose specie animali e vegetali tipiche di quel periodo geologico, comuni anche ad altre regioni temperate. Con l’inizio della deriva verso sud del continente, molte componenti della flora e fauna originaria non riuscirono a sopravvivere al peggioramento delle condizioni ambientali, scomparendo inesorabilmente. Gli unici sopravvissuti, ed attuali abitanti del continente, furono un ristretto numero di specie, che possedeva i preadattamenti necessari per svolgere le proprie attività vitali sia a bassa temperatura che con scarsa disponibilità di acqua allo stato liquido. Acari, collemboli e tardigradi vivono stabilmente nel continente antartico, in condizioni ambientali limite, almeno da un punto di vista antropocentrico. La loro sopravvivenza è minacciata dall’innalzamento delle temperature annuali medie, previste nei prossimi decenni, a causa dell’effetto serra, che si prevede possa avere conseguenze devastanti per le regioni polari. Per acquisire una migliore conoscenza sulle effettive capacità di resistenza di questi organismi alle nefaste conseguenze del “global warming”, questo progetto di ricerca ha l’obiettivo di studiare quali geni vengono espressi dal genoma di organismi sentinella (come collemboli e tardigradi) in condizioni naturali e se sottoposti a stress termico (innalzamento della temperatura indotto artificialmente). Tali studi verranno condotti da Antonio Carapelli e faranno parte dei progetti di dottorato delle studentesse Chiara Leo e Claudia Brunetti, attualmente in organico presso il Dipartimento di Scienze della Vita, dell’Università di Siena.

A caccia di nuovi dati sulle interazioni litosfera-criosfera-clima in Antartide: datazione delle faglie lungo il fronte delle Montagne Transantartiche

Le Montagne Transantartiche, lunghe circa 4000 Km, sono una delle catene montuose più estese del pianeta., le uniche che coesistono con le calotte di ghiaccio più voluminose da diverse decine di milioni di anni. Quando e come si sono sollevate?, come i movimenti delle loro rocce profonde hanno influenzato i processi di erosione e la dinamica dei ghiacci alle diverse condizioni di temperatura media e composizione dell’atmosfera del passato? L’attività di ricerca si basa su un approccio integrato di analisi strutturali di terreno, e datazioni assolute di minerali che si sono formati lungo i piani di faglia, e datazioni di rocce e superfici fagliate. Per questa ricerca verranno utilizzate diverse metodologie analitiche, come la datazione di ematite lungo piani di faglie attraverso il sistema (U-Th)/He, o come la datazione U/Pb su strie e vene di calcite, alcune delle quali sono estremamente all’avanguardia e mai utilizzate in Antartide.Nella campagna antartica della XXXIII Spedizione del Programma Nazionale Ricerche in Antartide, il gruppo di spedizione del progetto, Valerio Olivetti (Uni Padova), Fabrizio Storti (Uni Parma) e Franco Talarico (Uni Siena) esplorerà una regione ampia oltre 600 km per identificare, campionare e analizzare diversi siti chiave dove piani di faglia sono ben esposti e adatti ad essere datati.Il progetto di ricerca, ideato e organizzato in un contesto di intensa interazione e collaborazione scientifica nazionale ed internazionale si compone di tre unità di ricerca, a cui partecipano personale di cinque enti di ricerca nazionali (Univ. di Padova, Univ. Siena, CNR Firenze, Univ. di Parma e Univ. Roma Tre), europei ed extra-europei (Francia, Germania, USA, Corea del Sud e Nuova Zelanda).

 

Foto PNRA.



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