Si è tenuto oggi a Firenze, in Corte di Appello, il primo appuntamento del processo di secondo grado sul caso delle presunte torture al carcere di Ranza (San Gimignano) contro un detenuto tunisino, vittima di un pestaggio durante un trasferimento di cella, nel 2018. Un noto fatto che è costato la condanna a 15 operatori di Polizia Penitenziaria impiegati nella casa circondariale.
Per 10 soggetti era giunta in principio la condanna con rito abbreviato, a carico di altri 5 invece che avevano scelto l’ordinario nel marzo 2023, sono stati comminati tra i 5 e 6 anni di pena. Un verdetto “storico” in quanto per la prima volta veniva contestato in Italia il reato autonomo di tortura ad appartenenti alle forze dell’ordine: decisiva fu per i giudici la visione del filmato delle telecamere interne che ha ripreso la scena.
Il procedimento in Appello è stato riunificato ma ci saranno due sentenze separate. A fine mese l’istruttoria sarà integrata dall’ascolto della comandante della Polizia Penitenziaria del carcere, su richiesta delle difese, poi a inizio ottobre la Corte emetterà il suo verdetto. La speranza dei difensori degli agenti è di ribaltare, o in subordine rimodulare la sentenza nel tentativo di far riqualificare l’accusa di tortura in lesioni, così da permettere il rientro a lavoro degli agenti ormai sospesi da anni.