Tumori provocati dalle fibre di amianto, passi in avanti nella ricerca dell'Università di Siena

Mesotelioma: il gruppo coordinato dal professor Antonio Giordano identifica dei nuovi biomarcator

Di Redazione | 24 Settembre 2020 alle 14:26

Tumori provocati dalle fibre di amianto, passi in avanti nella ricerca dell'Università di Siena

Passi avanti nella ricerca sul mesotelioma, tumore causato principalmente dall’esposizione alle fibre di amianto, arrivano dal gruppo coordinato dal professor Antonio Giordano, docente del dipartimento di Biotecnologie mediche dell’Università di Siena e direttore della Sbarro Health Research Organisation di Philadelphia.

In un recente lavoro, pubblicato dalla rivista scientifica Cell Death & Disease, il team di ricerca, tra cui Luca Luzzi e Cristiana Bellan, ricercatori dell’Università di Siena, ha analizzato l’espressione di minuscole molecole di RNA – microRNA – regolatori chiave dei programmi di espressione genica, identificando un set di 48 microRNA espressi in modo differenziale tra il mesotelio normale e i casi di mesotelioma. Tra questi nuovi potenziali biomarcatori gli autori si sono focalizzati sul miR-320a perché appartenente ad una famiglia di microRNA di cui vari membri hanno mostrato lo stesso trend di deregolazione nel mesotelioma anche se localizzati su cromosomi diversi, dimostrando che inibisce l’espressione di PDL1, un ben noto attore coinvolto nella risposta immunitaria antitumorale e bersaglio delle strategie d’immunoterapia di recente sviluppo.

“Il mesotelioma – spiega il professor Giordano – è un tumore a prognosi infausta che viene generalmente diagnosticato in uno stadio già avanzato e per cui nessuna delle strategie terapeutiche finora sperimentate risulta efficace. E’ dunque cruciale identificare dei biomarcatori in grado di intercettare la malattia in una fase precoce. Inoltre, una comprensione più approfondita dei meccanismi molecolari alla base delle caratteristiche maligne del mesotelioma potrebbe guidare l’applicazione di approcci mirati o combinazioni di farmaci con maggior efficacia”.

Un precedente lavoro del gruppo aveva dimostrato che miR-320a è a sua volta un bersaglio diretto dell’oncosoppressore p53, che ne attiva l’espressione in seguito a stress cellulare. P53, che è spesso inattivo nel mesotelioma, è in grado di diminuire l’espressione di PDL1 anche attraverso l’azione di altri microRNA.

“I nostri risultati – afferma Caterina Costa, dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Napoli, Fondazione Pascale, primo autore dello studio pubblicato  – suggeriscono che una risposta difettosa allo stress dovuta all’inattivazione di p53 potrebbe contribuire, attraverso una conseguente deregolazione di vari microRNA, al fenotipo immunosoppressivo che caratterizza il mesotelioma, favorendo così l’elusione dell’immunosorveglianza».
“Ancora una volta lo studio di questo tumore aggressivo indica un ruolo cruciale dei geni oncosoppressori, che sono difficilmente controllabili dal punto di vista terapeutico»” – sottolinea Francesca Pentimalli, dell’Istituto Pascale e docente presso lo Sbarro Institute della Temple University di Philadelphia.

“Auspichiamo che l’identificazione di questi microRNA e dei loro meccanismi di azione siano utili a diagnosticare il mesotelioma in una fase precoce e ad identificare nuove strategie terapeutiche decisamente necessarie” – conclude Luciano Mutti, presidente del Gruppo Italiano per lo Studio e la Terapia del Mesotelioma e docente presso l’Istituto Sbarro.



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