“Gli imprenditori che si sono ritrovati all’interno delle riserve naturali, non certo per scelta, continuano ad essere considerati agricoltori di serie b; siamo costretti nuovamente a denunciare una situazione inaccettabile che si protrae da troppo tempo senza risposte, con tante promesse non mantenute e, soprattutto, con continue vessazioni per i nostri agricoltori”.
E’ il grido di allarme dell’Unione Provinciale Agricoltori di Siena ad oltre un anno di distanza dall’approvazione dell’ultimo provvedimento di legge in materia che, di fatto, non trova applicazione concreta per vincoli burocratici, scaricabarile di responsabilità e tempistiche dilatate nel tempo.
“E a pagare continuano ad essere solo gli agricoltori che hanno le aziende nelle Riserve naturali – prosegue Upa Siena – che coltivano e pagano le tasse senza diritti né tutele e soprattutto senza indennizzi di fronte ad una fauna selvatica fuori controllo. Le riserve naturali sono diventate riserve di ungulati e i piani di abbattimento non trovano applicazione reale; dovevano essere siti dove proteggere la cosiddetta fauna nobile e rispettare l’ambiente ma sono diventate in realtà aree dove è impossibile fare agricoltura o meglio aree fuori da ogni controllo. Oltre al danno la beffa: in questi siti infatti non solo impazzano gli ungulati ma c’è un forte problema idraulico dovuto a vincoli paesaggistici che di fatto impediscono interventi degli agricoltori o degli enti preposti per il calmieramento del rischio di esondazioni e allagamenti. Se le riserve naturali sono un bene comune per quali motivi gli oneri sono solo a carico degli imprenditori? La misura è colma – conclude Upa Siena -, la frustrazione sta prendendo il sopravvento e chiediamo con forza risposte immediate e concrete per un problema che si protrae da troppi anni”.